Colpisce nel caso Rosarno linconsistenza diniziativa della sinistra pur in una Calabria dove è forza di governo. Pci e Cgil nella Prima repubblica si sarebbero dati un gran da fare in lotte sindacali di lavoratori immigrati, nel contrastare bande criminali sul territorio, nellessere riferimento di parte della società civile. Certo non sarebbe mancata la tradizionale componente di strumentalizzazione politica ma dentro una mobilitazione vivace. Invece oggi prevale il farfugliare di qualche amministratore sui difetti della Stato centrale. E Rosarno non è leccezione. Così è successo in Campania di fronte allemergenza rifiuti. Così si è sciolta nel caos la giunta Soru in Sardegna, così si è abbandonato il presidente degli Abruzzi Ottaviano Del Turco arrestato grazie ad accuse che si rivelano giorno dopo giorno sempre più evanescenti. Così si abbandona un presidente in Puglia che aveva suscitato entusiasmo come Nichi Vendola. Così franano senza lasciare segno le basi di massa del consenso veltroniano a Roma e in Lazio.
Si è discusso dello sciogliersi dei riferimenti sociali del centrosinistra al Nord, dellincapacità di comprendere esigenze di ceti medi produttivi e poi di lavoratori. Lo stesso fenomeno si ripete al Sud, in aree dove per una fase la sinistra ha tenuto. In questa parte del Paese la logica del giustizialismo che anche al Nord ha determinato distorsioni politiche (ma nel caso settentrionale ha pesato innanzi tutto linsensato uso del fisco proposto dai vari governi Prodi), sta devastando un tessuto politico-sociale cresciuto lungo lintero Secondo dopoguerra. Lidea che lazione penale sia risolutrice di tutto, predicata dalla demagogia dellultima fase del Pci poi da Pds e Ds e dai vari movimenti forcaioli dalla Rete ai dipietristi, non solo ha bruciato la capacità di intervento sociale della sinistra, incrinando lidea stessa dellautonomia della politica, ma ha anche caricato di responsabilità improprie magistrati talvolta eroici ma che non possono affrontare le radici economico-sociali della disgregazione. Non solo, queste toghe, investite di impropri compiti politici, hanno finito, poi, per infeudarsi in lotte di potere che indeboliscono lazione della giustizia sia in Calabria (vedi caso De Magistris) sia in Campania sia nella stessa Sicilia, dove almeno la prevalenza di un centrodestra non giustizialista offre la base per una più efficace persecuzione da parte dello Stato della criminalità organizzata. Persino opinionisti radicali riconoscono come la mafia nella regione di centrodestra sia stata colpita più di ndrangheta e camorra.
Il Pd cerca di fronteggiare levidente crisi nel Mezzogiorno puntando sul rapporto con varie nomenclature di sinistra o di centro. Ma è scelta puramente emergenziale priva di prospettiva. In realtà è arrivata lora dei conti: creare la base per un prevalere della legalità in tutto il corpo della Repubblica, stroncare ripugnanti fenomeni in cui la criminalità organizzata predispone linciaggi di lavoratori immigrati, riconquistare una presenza nella società civile è un obiettivo della politica non della sola, necessaria, repressione penale. È politico difendere i diritti di chi lavora ma richiede più fermezza sullillegalità della clandestinità. È politico definire scelte di assistenza che conducano al lavoro e non al sussidio di chi rifiuta loccupazione. È politico ragionare in grande con opere come il ponte sullo Stretto che mobilitano lo spirito e limpegno di una popolazione. È politico lavorare per una Banca del Sud sana, legata alloccupazione e non a clientele e speculazioni. Ma fare queste scelte significa rinunciare allastratto giustizialismo che «risolve tutto» e alle concrete clientele che sostituiscono il duro lavoro di una sinistra legata alla società.
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