Milano - Fare la poliziotta all’aeroporto di Malpensa può essere duro. Soprattutto se sei a mille chilometri da casa. E soprattutto se sei allergica all’ambrosia, l’erbaccia che - specialmente quando tira vento - sparge i suoi pollini per chilometri e chilometri. Così la poliziotta Caterina ha detto: a Malpensa io non ci sto più. Voglio tornare a Brindisi, a casa. Detto fatto. Il capo della polizia, Antonio Manganelli, ha provato a mandarle un telegramma dicendo: ti ordino di tornare al nord. Per la poliziotta si è riaperto un incubo fatto di freddo, di brume lombarde, e soprattutto di starnuti. Ma ora il Tar della Lombardia, con una sentenza destinata a far discutere, le ha dato ragione. Il telegramma di Manganelli è stato annullato. Caterina ha diritto ad andarsene, a dire addio all’aeroporto, alle erbacce, e ai pollini.
Che l’allergia all’ambrosia sia, per chi ne soffre, un problema non da poco, beh, questo non si discute. E che la zona intorno all’aeroporto varesino sia infestata dall’ambrosia più di altre parti d’Italia è pure questo un dato di fatto. La conseguenza è che nei comuni intorno allo scalo si registrano le percentuali più alte di vittime dell’allergia. Secondo una ricerca dell’Istituto allergologico lombardo dell’agosto scorso, nel comune di Castellanza - venti chilometri in linea d’aria dalla Malpensa - si arriva ad un picco del 15 per cento: tutta gente che, quando arriva la stagione dei pollini, va avanti a fazzoletti di carta ed antistaminici. Ma mentre gli altri abitanti della zona starnutivano e tiravano avanti, la poliziotta ha deciso di averne abbastanza. Via da Malpensa, più lontano possibile. Fino a Brindisi, dove l’ambrosia neanche sanno cosa sia. E il Tar le ha dato la sua benedizione.
«La ricorrente - si legge nella sentenza - ha addotto a sostegno della propria domanda di trasferimento presso la Questura di Brindisi la circostanza di essere allergica al polline di ambrosia, sostanza molto diffusa nell’area dove è ubicato l’aeroporto di Milano Malpensa ove ella presta servizio; e che tale allergia le provocherebbe gravi problemi di salute, talvolta risolvibili sono con l’urgente ricovero presso strutture ospedaliere; la ricorrente riferisce altresì che analoga allergia ed analoghi problemi di salute affliggono il proprio figlio minore».
In realtà, secondo i medici del Viminale, a scatenare le allergie della poliziotta non era solo e soltanto l’ambrosia, ma anche una lunga serie di altri fattori: la donna e il figlio, si leggeva in una consulenza dei sanitari, «…sono soggetti poliallergenici, risultando positivi ai test cutanei specifici per numerosi allergeni inalatori tra cui i pollini di numerose piante erbacee ed arboree, acari della polvere domestica e derivati epidemici di diversi animali domestici (...) gli allergeni sopra riportati risultano esser ubiquitari (…) con una distribuzione scarsamente influenzata dall’area geografica di residenza». Insomma, non era affatto detto che i malesseri di Caterina sarebbero passati tornandosene al sud: anche per questo dai suoi capi era partito l’ordine a Caterina di prendere il treno e tornare in Lombardia. Ma la poliziotta si è allora rivolta a dei medici baresi, e questi hanno dato un responso praticamente opposto a quello dei loro omologhi della polizia.
«La causa delle affezioni di tipo allergenico patite dalla signora - hanno scritto i medici dell’università di Bari - è da ricercarsi in una severa allergia al polline di ambrosia che, solo in parte, può essere stata aggravata dalla coesistente allergia a polline di graminacee».
Ed è sulla base di questo parere, che i giudici ritengono assolutamente credibile, che Caterina ha schivato il ritorno a Malpensa: «Tali conclusioni smentiscono l’assunto posto a base del diniego opposto all’interessata, giacché esse attribuiscono al polline di ambrosia un’efficienza causale più spiccata rispetto a quella svolta da altri fattori allergenici».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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