Ecco le prove che è viva: deglutisce, muove gli occhi e respira senza macchine

Franco Sala

Eluana respira. E lo fa senza macchine. Chi chiede di staccare la spina si confonde, perché di spine, attaccate al suo corpo, non ce ne sono. Nel 2006 la Spagna dava la caccia a un assassino. È stato il caso di eutanasia più discusso nel Paese. Jorge Leon, paraplegico e nessuna possibilità di migliorare, aveva lanciato un appello per internet. Chiedeva l’intervento di una «mano amica e anonima che lo aiutasse a staccare la spina». Qualcuno si presentò. Il respiratore, senza la corrente, aveva smesso di sbuffare. Quel ritmo incessante e perpetuo era stato interrotto così. Staccando la corrente. Jorge si era spento insieme alla sua macchina, quella cosa metallica che ormai odiava. Nessun dubbio: fu un suicidio su commissione. C’era un morto e una mano assassina per spegnere la luce.
Per Eluana è diverso. Lei non parla. Non sa. Pensi a lei e la immagini in una stanzetta con tanti fili attaccati ad altrettanti macchinari. Rumori di respiratori meccanici, flebo, schermi su cui visualizzare le funzioni vitali. Invece no. Il suo corpo è libero da tutto questo. Solo la notte un sondino naso-gastrico la alimenta e la idrata.
Quando a Lecco le suore misericordine la portavano in giardino a fare una passeggiata non dovevano attrezzarsi di particolari precauzioni. Insomma, Eluana vive. Pochi mesi fa, ad ottobre, un’emorragia interna aveva tenuto tutti sul filo. Nelle sue condizioni il ciclo mestruale più abbondante del solito, aveva messo in allarme dottori e le infermiere. Il padre era corso subito in ospedale, al suo fianco il neurologo De Fanti. Davanti alle televisioni spiegava: «Per la prima volta siamo tutti d’accordo, medici e famiglia, aveva detto quasi sollevato Beppino. Abbiamo deciso di non intervenire in alcun modo». Nessun intervento esterno. Nessuna trasfusione. Nella notte la situazione era peggiorata. Poi l’annuncio di De Fanti: «L’emorragia interna, come era cominciata si è fermata. Eluana potrebbe riprendersi». Allora il cuore non si era arreso. Forte e testardo continuava a battere, sorprendendo tutti. Compreso i medici che la consideravano già irrecuperabile. «È viva. E questo lo dimostra». Gridava il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella. «Mai come in questo momento si capisce che la donna è viva. È una persona che può stare male, stare meglio o stare peggio. Le persone in stato vegetativo sono disabili gravissime. Ma sempre persone»: Effettivamente quella volta Eluana, o se non lei, il suo corpo, aveva dimostrato tenacia e determinazione. Dopo quella crisi Eluana non è mai più stata male fino a ieri, quando hanno iniziato a diminuire la razione di acqua e cibo.
Alessandra Vian è una delle pochissime persone che ha potuto vedere la donna. Lei che è entrata più volte nella cameretta di Lecco racconta: «Non c’è sofferenza fisica in lei, nessun respiratore a cui è collegata. Apre e chiude gli occhi, quando sente una voce o vede la luce, presenta un normale ritmo sonno-veglia. L’ultima volta che sono andata a trovarla le ho sentito, per esempio, un respiro molto affannoso, quando si parlava della sua morte e si tranquillizzava se le si rivolgeva con dolcezza e affetto. Io l’ho vista e capivo che ascoltava, che vuole vivere».


Ieri pomeriggio Antonella Vian è partita insieme ad altri per andare a Udine. Resteranno davanti alla clinica a manifestare la loro rabbia, il loro dissenso. Protestano perché loro non credono alla storia che Eluana sia morta quel giorno di 17 anni fa.

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