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Ecco la soluzione ai problemi di Napoli: copiare Venezia

Altro che discarica. Nel capoluogo veneto il pattume da scarto si trasforma in fonte di energia

Ecco la soluzione ai problemi di Napoli: copiare Venezia

Marghera (Venezia) - Se c'è una città che dovrebbe annegare nei rifiuti non è Napoli ma Venezia. Più facile imporre la raccolta differenziata alle massaie di Piedigrotta che ai milioni di turisti della Serenissima. E prima di piazzare i cassonetti bisognerebbe inventare camion della nettezza urbana che scavalcano ponti e campielli. Invece da Cannaregio all'Arsenale i sacchi neri si raccolgono a mano, al mattino presto, porta a porta, con i carrelli, e le calli si puliscono come cent'anni fa, con la scopa. L'immondizia viene caricata su barchini a remi, perché alle cinque del mattino nessuno vuole essere svegliato dal borbottio dei fuoribordo. I barchini scaricano su barconi, i barconi su chiatte, e le chiatte approdano a un pontile tra Porto Marghera e Fusina, lungo un canale che sbocca in laguna.
Qui sorge il Grande Collettore, a otto chilometri dal campanile di San Marco. E qui avviene il miracolo. Le «scoasse» veneziane sono attese da un impianto unico in Italia che le prende, le seleziona, le ingoia, le ricicla. Un inceneritore genera energia elettrica per la vicina centrale Enel e due impianti a «biocelle» producono compost (fertilizzante agricolo) e combustibile che la stessa Enel e altre centrali bruciano al posto del carbone. I residui ferrosi vengono venduti. Altro che discarica: quella gestita dalla società Ecoprogetto Venezia è un'industria che produce energia da una materia prima abbondante, inesauribile e a buon mercato. I rifiuti.

«Per noi l'immondizia non è uno scarto ma una risorsa», sintetizza il vicepresidente Claudio Ghezzo. A Fusina funzionano tre impianti: un inceneritore a doppio stadio per i rifiuti non differenziati di Venezia, un impianto che tratta i rifiuti secchi da cui esce il cdr (cioè combustibile derivato dai rifiuti), e un terzo che origina il compost dai rifiuti umidi. Soltanto il 6 per cento delle scorie veneziane finisce in discarica: dieci anni fa erano il 100 per cento. Ferro, energia, combustibile solido vengono venduti e rendono bene. «Potremmo guadagnare parecchio - spiega Ghezzo - ma siamo una società a maggioranza pubblica e non puntiamo all'utile ma al pareggio dei conti, anche per calmierare le tariffe comunali di smaltimento».
Capannoni bianchi e silenziosi. Grandi balle di cdr accatastate pronte per essere bruciate nelle centrali elettriche. Il vento della laguna spazza quel po' di cattivo odore emanato dalle montagne di compost. I fumi, le grandi nuvole nere che terrorizzano le genti del Sud, dove sono? E i miasmi, le esalazioni delle ciminiere che paralizzano il ministro Pecoraro Scanio impedendogli di autorizzare nuovi inceneritori? «I due impianti a biocella costruiti dalla altoatesina Ladurner, che trattano 200mila delle 260mila tonnellate di rifiuti che ogni anno affluiscono qui, non producono emissioni nocive», spiega l'ingegner Alessandro Pescatori, il responsabile tecnico: essi accelerano la decomposizione dei rifiuti insufflando acqua e aria calda. Dai camini esce vapore che porta con sé il 45 per cento del peso: «Con questo processo di bio-ossidazione - precisa Pescatori - da 100 chili di rifiuti se ne producono circa 55 di Cdr». Napoli invece si limita a compattare le immondizie: 100 chili di scarti uguale 100 chili di «ecoballe» puzzolenti.

Il termovalorizzatore no, quello i fumi li produce. «La legge impone controlli analitici semestrali, ma da noi sono mensili e i campionamenti quotidiani», dice Pescatori. Quindi anche i dati sono puntuali. Dall'inceneritore escono ogni anno 451,8 chili di ossido di carbonio, che detti così sembrano un'enormità ma corrispondono alle emissioni di tre utilitarie a benzina catalizzate che percorrono 10mila chilometri all'anno in città. Polveri: quantità annua uguale a quella emessa da 990 auto. Ossidi di azoto: 7.600 auto. Diossine: 366mila auto. Tanto, a prima vista; ma equivale a due-tre giorni di traffico sulla tangenziale di Mestre, dove quotidianamente transitano circa 150mila veicoli. «In ogni caso - puntualizzano i tecnici veneziani - se la legge pone un tetto pari a 100, noi non superiamo quota 10». E nel 2009 l'impianto sarà aggiornato con le ultime tecnologie disponibili, mentre una nuova turbina triplicherà il rendimento energetico per la produzione di elettricità.

Morale. Venezia ha quasi eliminato le discariche, produce e vende energia (guadagnandoci) e risparmia sulle spese di trasporto. L'Enel usa combustibile più ecologico e più economico del carbone. La Campania, che non vuole i termovalorizzatori e ha esaurito le discariche, deve portare i rifiuti in Germania pagando lo smaltimento e il trasporto con una quantità di camion che inquinano molto più di un inceneritore.

E i tedeschi si fregano le mani perché con la «munnezza» producono energia da rivenderci a caro prezzo.

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