Ecco tutte le patacche di Ciancimino junior

Le perizie stroncano l’icona antimafia di Ingroia: manipolati il papello e i pizzini consegnati ai pm. L'esempio più eclatante: da un documento scritto da don Vito per la bozza di un libro vengono rubati, tagliati e incollati sun un post-it pezzi di una frase poi appiccicata sul famoso "papello"

Ecco tutte le patacche di Ciancimino junior

Gian Marco Chiocci - Mariateresa Conti

I documenti di Ciancimino junior? Patacche. Non solo il «pizzino», falso, con il nome di De Gennaro, che è costato al figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo l’arresto per calunnia. Falsi i riferimenti a Berlusconi. Falsi gli accostamenti «mafiosi» al generale Mori. Falsi persino i pizzini di Provenzano. E quanto al papello di Riina, la grafia non è quella del capo dei capi di Cosa nostra. Le perizie sulle carte consegnate a rate da Massimuccio al pm «partigiano» Ingroia stroncano l’attendibilità del superteste dell’inchiesta sulla «trattativa» Stato-mafia ai tempi delle stragi. Quel che emerge dallo studio del cartaceo spacciato come autentico da Ciancimino jr è una truffa. Nemmeno troppo sofisticata. La parte più importante del carteggio (autentico) di don Vito è stata manipolata con tecniche da photoshop, sforbiciate, copia e incolla di frasi e firme trasportate da un documento all’altro. Gli atti più importanti sono tutti fotocopiati, per nascondere l’originale e il trucco. Come è accaduto al famoso «papello» con le richieste della mafia per bloccare le stragi, che con un provvidenziale quanto falso post-it è diventato l’atto d’accusa per il generale Mori e la base per l’offensiva al Cav. Oltre al «timido» rapporto della Polizia scientifica sulle panzane prodotte dal superteste, le oltre 500 pagine di consulenza dei carabinieri del Ris, periti per conto della difesa guidata dall’avvocato Basilio Milio, danno i brividi. Altro che «icona dell’antimafia», come lo definì Ingroia. Massimuccio ha portato falsi su falsi. A decine. Ecco come sono stati manipolati i documenti che dovevano riscrivere la storia d’Italia.

LA LETTERA A BERLUSCONI
«L’onorevole Berlusconi metterà a disposizione una delle sue reti televisive. Se passerà molto tempo ed ancora non sarò indiziato del reato di ingiuria, sarò costretto a uscire dal mio riserbo (…)». Ricordate? È uno dei documenti che più hanno destato scalpore, la prova (fasulla) della presunta origine mafiosa di Forza Italia. Ciancimino jr, sotto giuramento, riferisce che l’annotazione del padre è datata sicuramente 1994 (dunque in linea con le sue mirabolanti ricostruzioni tra mandanti esterni e trattative). Ma le perizie tecniche smentiscono il rampollo di Ciancimino poiché la carta su cui è stata scritta la famosa frase su Berlusconi è stata fabbricata tra il 1996 e il 2000 (compatibile con l’uscita dal carcere del padre nel 1999). E non solo. Falsa, o meglio spostata da un altro scritto originale di Ciancimino senior, è l’intestazione «per conoscenza al presidente del Consiglio dei ministri On. Silvo Berlusconi». Lo aveva intuito per primo il blogger Enrico Tagliaferro, detto «Enrix», che nel suo sito fa le pulci a Massimo. Certifica oggi il perito della difesa (i pm non lo hanno fatto controllare dai propri consulenti): «Siffatto documento risulta ottenuto tramite una maldestra manipolazione posta in essere mediante opportuni ritagli ed una mirata giustapposizione della dicitura in intestazione. Si tratta, pertanto, di un documento certamente autografo di Ciancimino Vito Calogero ma non autentico poiché non contestuale ovvero in parte frutto di una trasposizione di un testo». A smentire Ciancimino jr ci pensa lui stesso, nel libro «Don Vito» a pagina 229, dove viene riportata la parte del documento mancante, sacrificata per inserire la falsa intestazione a Berlusconi. Annotazione supplementare dell’esperto: «Appare opportuno far menzione, per mera cronaca, che in questo “range temporale” (tra il 1996 e il 2000) l’On. Silvio Berlusconi non rivestiva la carica di Presidente del Consiglio».

SPONTANEAMENTE, LA BUFALA
«Consegnato, SPONTANEAMENTE, al colonnello gen carabinieri Mario Mori, sez Ros». È scritto così nel celebre post-it allegato all’altrettanto celebre «papello» consegnato a fatica da Ciancimino jr, post-it che dà valore a un documento anonimo altrimenti privo di interesse. Se per i periti la grafia sull’appunto adesivo è di don Vito, tutt’altra storia è dove fosse collocata in origine la dicitura impressa del post it. Sì, perché, guarda caso, la scritta ha gli stessi caratteri, le stesse minuscole, gli stessi identici tratti in corsivo e stampatello di un altro documento che Ciancimino senior aveva predisposto come promemoria del suo libro Le Mafie con questa dicitura: «registrato alla Siae nell’ottobre del ’92 e nello stesso mese SPONTANEAMENTE consegnato al colonnello dei carabinieri Mario Mori e al capitano De Donno, ambedue del Ros». Il taroccatore ha tagliuzzato e spostato le parole trasformando così la lista di appunti nel sigillo apposto sul «papello». Basta confrontare l’originale con la copia fasulla per restare basiti.

PAPELLO IN CERCA D’AUTORE
«Revisione Sentenza max processo, Annullamento decreto legge 41 bis, Revisione legge Rognoni-La Torre, Riforma legge pentii, Riconoscimento benefici dissociati Brigate Rosse-per condannati di mafia, arresti domiciliari dopo 70 anni di età (...)». Questo è il famoso «papello» consegnato da Ciancimino ai pm. «È di Riina», sostiene Massimuccio. I periti non solo non confermano la sua autenticità ma affermano che la grafia non è di Riina, e non è nemmeno dei 15 maggiori boss. Sul contenuto più di un sospetto, anche a causa del riferimento all’annullamento del 41 bis. Ciancimino jr colloca a giugno ’92 il papello. Ma il 41 bis allora non esisteva, (all’epoca si parlava di modifiche al decreto legge 306) è stato istituito a seguito della morte di Borsellino, un mese dopo.

SILVIO? SI COPIA E INCOLLA
«Rapporti Dell’Utri, “Berlusconi Ciancimino L’Espresso del 2.1.1989”, Alamia Imm San Marino, Edilnord, Rasini Bank Zummo, Vaselli 5 mld, avvocato Catalano Milano Gelli, Calvi, Consulente per Edilnord, “Milano truffa e bancarotta” (...)». Il taroccamento, col copia-incolla, è lampante anche in questo appunto. I riferimenti «Berlusconi-Ciancimino» «L’espresso 2.1.89» e «Milano truffa e bancarotta» sono stati «rubati» da un altro documento, ritrovato, e pure pubblicato nello stesso libro autografo di Massimo (pagina 61) come titolo di un libro che i Ciancimino volevano scrivere. Il nome di Berlusconi, confermano i periti, non c’era nell’originale, e se è ricomparso ciò è dovuto a un lavoro di photoshop su carta prodotta tra dopo il 2004, non in linea con gli anni ’90 della trattativa.

LA SIMULAZIONE GALEOTTA
«F Restivo A Ruffini 1970-1990, G Santovito, R Malpica, F/C Gross (cerchiato, con un freccia che indica a destra, ndr) «De Gennaro», poi «V.Parisi. D.Sica, G.De Francesco, B.Contrada, L.Narracci, E.Finocchiaro (...)». Il testo del documento che ha portato Ciancimino Jr in galera per il riferimento a De Gennaro tratta di funzionari dello Stato collusi con la mafia. Massimo lo attribuisce al padre. La polizia scientifica ha dimostrato che il nome del prefetto è stato estratto da un altro pezzo di carta di Ciancimino senior che conteneva la scritta De Gennaro (riferito a Giuseppe, però, un giudice) e riversato ad arte, previa solita fotocopia, nell’appunto dato ai pm. Il supertestimone a verbale aveva dichiarato: «Quel nome (Gianni De Gennaro, ndr) l’ho visto scrivere da papà».

LA FALSA LETTERA A FAZIO
«Illustrissimo presidente dott. Fazio, sono Vito Ciancimino, il noto, questa mia lettera, a futura memoria, vuole essere un promemoria da ben conservare se realmente lei deciderà di scendere in politica come da Amici di regime mi è stato sussurrato (…)». È un falso, scrivono i periti, anche la fotocopia della lettera vergata con un sistema di videoscrittura con firma a penna, fotocopiata anch’essa, che doveva essere inviata (forse alla fine del ’93) dall’ex sindaco di Palermo all’allora governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio. Si dava conto del fallimento dello scellerato tentativo del generale Mori, osteggiato da Borsellino («sicuramente oppositore»), di bloccare il progetto stragista. «La firma di Vito Ciancimino non è contestuale al testo» sentenzia la polizia scientifica. E i periti della difesa di Mori rincarano: «La firma è sì manoscritta da Vito Ciancimino ma è stata prelevata da un documento precedente e trasposta». Così come l’appunto a penna alla segretaria («da rifare Rosalba») apparterrebbe a Massimuccio nostro. Quando Ciancimino testimonia al processo Mori confessa di aver ricevuto questa lettera da un “personaggio misterioso”, un mister x senza nome. Poco dopo aggiunge che tutti i documenti provengono dall’archivio di suo padre. Quindi che la lettera di Fazio l’ha ritrovata nella sua cantina di Bologna, e che mister X gliene aveva data una uguale, senza firma del papà. Come si concilia, allora, l’amorevole dichiarazione della mamma che giurò d’averla trovata lei, a casa sua, in una carpetta?

IL PROFESSOR PROVENZANO
Anche i pizzini di Bernardo Provenzano, ovviamente prodotti da Ciancimino, sono un falso secondo i periti Di Dio e Marras. Binnu comprime il testo senza lasciare spazio tra una riga e l’altra, va a capo in modo elementare spezzando le sillabe col segno “uguale” e fa in media una decina d’errori a pizzino: scrive «anno» invece che «hanno», «nonè» al posto di «non è», «mà» con l’accento, «a scanzo» di equivoci, «sendire» per «sentire» e via discorrendo. Binnu by Massimuccio invece divide le sillabe correttamente e fa rari errori.

E poi quei pizzini non sono stati scritti con la macchina da scrivere di Provenzano, sequestrata il giorno della sua cattura a Corleone. Insomma, tutto falso. Manipolato. Compresa la firma di don Vito sulla copertina del libro del figlio.

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