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Ecco come vivranno gli «uomini-pesce»

Il sogno della città sottomarina è destinato a realizzarsi

Il sogno di poter vivere in mare affascina l'uomo da sempre. L'idea di costruire città sottomarine ha colpito numerosi scrittori, come il francese Jules Verne o l'italiano Emilio Salgari. Che in un suo libro oggi quasi dimenticato, «Le Meraviglie del Duemila», descriveva più di un secolo fa le città subacquee che, secondo la sua fantasia, l'uomo avrebbe popolato proprio in questi anni.
Una prospettiva che non è ancora realtà. Eppure i progetti non mancano, e la tecnologia necessaria sembra essere finalmente disponibile.
I primi progetti risalgono ai primi anni Sessanta. A pensarci furono le nazioni che maggiormente soffrivano i primi problemi di sovrappopolazione. Uno dei primi esempi doveva sorgere nella baia della città giapponese di Tokyo, dove il costo del terreno era (ed è ancora) talmente alto da rendere veramente poco conveniente costruire nuove case. Perché non farle, allora, sul mare?
I progetti più interessanti prevedevano la costruzione di grandi città galleggianti, a forma di piramide. Una struttura con una grande superficie per permettere alla luce di entrare dovunque, senza problemi. Sui fianchi della piramide erano previste centinaia di terrazze, perfette per coltivare piccoli orti o giardini personali. Tutti i servizi, invece, come la distribuzione dell'acqua, dell'energia elettrica e del riscaldamento venivano collocati nella parte centrale della piramide, dove la luce sarebbe arrivata meno. Il progetto delle città a forma di piramide non si realizzò mai: ma era il segnale che l'interesse per la vita sulle onde si stava rapidamente alzando.
Oggi i progetti per la vita sul mare raccontano in modo diverso le città marine di domani. I progetti più ambiziosi, infatti, propongono di nuovo le fantasie di Emilio Salgari: le città sottomarine.
Immaginarle non è difficile: si tratterà di grandi strutture sferiche o cilindriche, interamente sommerse ben sotto la turbolenta superficie del mare e liberamente galleggianti. A collegarle all'aria aperta saranno solo lunghe torri verticali: sulla loro cima sarà costruita una vera e propria piattaforma, completa di eliporto. Gli abitanti delle città sottomarine potranno così raggiungere altre città, o la terraferma, con regolari voli di elicottero. Le città sottomarine potranno essere raggiunte anche da speciali sommergibili passeggeri, che trasporteranno merci e uomini al sicuro dai problemi degli aerei e dalle tempeste che sconvolgono spesso il percorso delle navi.
Fin qui le teorie: ma anche nella pratica gli esperimenti di vita subacquea sono ormai moltissimi. Il primo a farlo fu il grande esploratore e oceanografo francese Jacques Cousteau, che a partire dagli anni Sessanta diede inizio ai suoi programmi Conshelf 1, 2 e 3. Nel primo, due uomini vissero per cinque giorni al largo di Marsiglia, in Francia, in un cilindro di 2 metri e mezzo di diametro a 10 metri di profondità. Il secondo, Conshelf 2, un anno dopo fu costruito nel Mar Rosso: alla profondità di 10 metri permise di ospitare dieci persone per un mese. Il terzo progetto, Conshelf 3, ospitò al largo di Nizza per tre settimane sei persone alla profondità di -100: ogni giorno i sei membri della spedizione uscivano per qualche ora, impegnati in attività sottomarine. Tutti e tre gli esperimenti furono coronati da successo. Il successo di Cousteau attrasse altri ricercatori, che iniziarono progetti simili: e così nei 15 anni seguenti videro la luce 65 diverse case subacquee, costruite in 17 diversi paesi.
Oggi si può finalmente dire che la tecnologia necessaria a costruire queste strutture sottomarine esiste, ed è semplice da mettere in pratica. Anche grazie a nuovissime tecnologie, assolutamente innovative e rispettose della natura. Un esempio è quello dell'architetto tedesco Wolf Hilbertz che usa un processo chiamato accrescimento elettrolitico per far letteralmente crescere nuove strutture sottomarine. Nessun trasporto di materiale dalla terraferma: le sostanze necessarie a costruire muri e altri dispositivi sono ricavate direttamente dall'acqua.
Anche altre persone hanno già iniziato a esplorare la possibilità di aprire il fondo marino a una nuova generazione di «acquanauti». Ian Koblick, un veterano di molti progetti di vita sottomarina degli anni Settanta che ha passato più di due mesi della sua vita in abitazioni di questo tipo, ha fatto il primo passo: dopo aver acquistato e ristrutturato l'impianto sottomarino di La Chalupa, al largo delle coste di Portorico, l'ha trasportato a Key Largo, in Florida. Con il nuovo nome di Innerspace Resort, oggi è il primo albergo sottomarino del mondo. Quanto costa? 250 dollari a persona per notte. Ma le richieste sono già moltissime.
È un primo passo nella realizzazione di vere città sottomarine. Ma prepararsi per una vera civiltà subacquea, quando serviranno dei veri residenti e non semplici turisti, è un compito più difficile.
Il progresso che forse porterà l'uomo davvero a popolare i mari ha un nome suggestivo: si chiama emospugna, ed è un filtro artificiale che funziona come le branchie dei pesci, estraendo l'ossigeno direttamente dall'acqua marina. Il merito della scoperta dell'emospugna è dei biologi marini Joseph e Celia Bonaventura, marito e moglie e condirettori del centro di biologia marina della Duke University, negli Stati Uniti. Per liberare gli uomini dal peso e dalla limitata durata delle bombole di ossigeno per la respirazione subacquea i Bonaventura fin dagli anni Settanta hanno cercato di replicare l'esempio naturale.
Oggi l'emospugna più efficace riesce a ricavare dal mare un quarto di litro di ossigeno all'ora, molto meno dei due litri che a un uomo servono per poter sopravvivere sott'acqua. Ma non manca molto, secondo i Bonaventura. Secondo loro, sarà possibile abbastanza facilmente costruire un sistema di emospugne capaci di assicurare tutto l'ossigeno che serve a una comunità di ben 150 persone.
Il passo successivo? Preparare un corpo umano capace di sopravvivere nel modo migliore alle condizioni del nuovo mondo subacqueo. In altre parole, creare un vero uomo marino. Il ricercatore della Duke University Johannes Kylstra ci sta provando da ormai 30 anni: trasformare l'uomo da animale che respira un gas, l'aria, a respiratore di liquidi. Negli anni Settanta Kylstra provò a mettere in pratica le sue teorie facendo respirare, per diversi minuti, a topi e cani liquidi salini carichi di ossigeno senza effetti collaterali né danni. Incoraggiato, Kylstra tentò la sua tecnica anche su un uomo: alla «cavia» riuscì di respirare (anche se con un solo polmone) il liquido ossigenato per 47 minuti senza problemi.


(4. Continua)

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