Un ecomostro a Montecitorio: il parcheggio poco onorevole

Posteggio «abusivo» di funzionari e parlamentari, copre ancora una delle più belle piazze di Roma. Giro (Fi): «In autunno lo smantelliamo»

da Roma

Onorevole «ecomostro». Potrebbe sembrare una via di mezzo tra una caserma in disarmo (dal basso) e un mercato delle pulci (dall’alto). Invece siamo in piazza del Parlamento, nel cuore del centro storico capitolino, a pochi metri da Montecitorio. Una piazza che appena tre anni fa, nell’estate del 2005, era stata tirata a lucido e «restituita» alla città dopo due anni di lavoro, costati alle casse comunali 1,25 milioni di euro: nuova pavimentazione, nuovi arredi, divieto di sosta su tutta l’area. Anzi, su quasi tutta l’area. Perché nella parte finale della piazza, verso via di Campo Marzio, ci sono 24 transenne che «delimitano» il nulla: fino a pochi mesi fa qui c’erano decine di auto di deputati, dipendenti della Camera e giornalisti parlamentari. Poi, venuto fuori che il «posteggio riservato» ai deputati era abusivo, le automobili sono finalmente sparite dalla piazza. Le transenne invece no: sono ancora lì. E non è scomparso nemmeno quel muro malconcio e stinto, decorato da filo spinato e reti arrugginiti e circondato da due torrette di guardia, che protegge l’autorimessa, coperta da teli in plastica nero-verdi e da pezzi di lamiera ondulata che danno quel tocco un po’ da posteggio di spiaggia libera, un po’ da suk, con tanto di alberi che spuntano dalla copertura (erano quattro, ma due sono stati abbattuti da qualche mese).
Un posto, insomma, molto poco onorevole, ma al quale gli onorevoli tengono particolarmente: grazie al parcheggio, loro a differenza dei romani che vivono qui non devono rinunciare al posto per la macchina, e poco male se quella struttura fatiscente deturpa la piazza.
Per la verità, a qualcuno importa. A Francesco Giro, per esempio: il sottosegretario ai Beni culturali qualche giorno fa ha sparato a zero su «quell’obbrobrio». «Che una cosa talmente brutta e fatiscente sia ancora lì è inspiegabile, vergognoso, incomprensibile», sospira Giro. «Ho già scritto a Gianfranco Fini per chiedere di intervenire, visto che mura e terreno sono di proprietà della Camera. Spero che anche lui convenga sull’opportunità di eliminarlo, come me e il ministro, Sandro Bondi». Una strada che potrebbe incontrare, però, le resistenze dei deputati che non hanno voglia di andare a piedi al lavoro. Ma per Giro, invece, anche questa è un’opportunità. «Non bisogna pensare a dove spostarlo, ma solo a eliminarlo. Non c’è posto per tutti lì dentro, chi prima arriva meglio alloggia: sarebbe più equo toglierlo e restituire alla città quello spazio. E poi sarebbe un bel segnale: la casta che si priva di un privilegio obbrobrioso». Il condizionale è d’obbligo, ma Giro ostenta ottimismo. «Il Campidoglio è d’accordo, il municipio del centro storico anche. Con il placet di Fini credo che già in autunno si potrà smantellare tutto».

E i parlamentari appiedati? «Si arrangeranno, come fanno tutti i giorni i cittadini romani: siamo carichi di benefici, non sarà mica la fine del mondo». Giro promette «determinazione». E se il sole di agosto non farà sgonfiare troppo l’attenzione sul caso, forse il mostro di piazza del Parlamento ha davvero i giorni contati.

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