Le preoccupazioni per un'economia reale da cui non arriva «nessun miglioramento»; l'invito reiterato ai governi a non abbandonare il sentiero delle riforme; una sostanziale assoluzione dell'ultimo vertice del G20, perché parlare di guerra dei cambi è «veramente eccessivo». Ma poi, davanti all'Europarlamento, Mario Draghi non ha potuto ieri fare a meno di tornare sulla mala gestio del Monte dei Paschi. È un doppio binario quello su cui si è mosso il presidente della Bce nel suo intervento. In prima battuta, ecco il j'accuse contro un tracollo finanziario dietro al quale «mi pare ci sia non solo un problema di gestione bancaria, ma anche un problema di attività criminali».
Ma Bankitalia, di cui all'epoca dei fatti Draghi era governatore, ha fatto quanto in suo potere per portare alla luce le malefatte della banca? Il numero uno dell'Eurotower ha mantenuto la linea autodifensiva dei giorni scorsi: «Non dimenticatevi - ha detto, rivolgendosi ai deputati di Bruxelles - che sono io ad aver mandato le due ispezioni a Mps».
Via Nazionale ha poi fatto «quel che doveva e in modo accurato». A riconoscerlo è stato anche l'Fmi, ha sottolineato Draghi, secondo cui la Banca centrale italiana «ha preso azioni puntuali e appropriate - nei limiti nel quadro legale - per affrontare la situazione di Mps», su cui c'era una «stretta sorveglianza», mentre «l'azione di supervisione è aumentata in modo appropriato quando i problemi di Mps sono diventati acuti».
Draghi ha quindi glissato sulla questione spinosa delle fondazioni bancarie, spostando l'attenzione sullo stato di salute del sistema creditizio tricolore. C'è il rischio che possa affiorare un altro bubbone del tipo senese? No, ha assicurato il capo della Bce, quello di Mps è «un caso isolato». Dal suo punto di osservazione, Draghi vede che le nostre banche, dopo aver dimostrato capacità di resistenza alla prima fase della crisi non avendo avuto bisogno del sostegno dello Stato, oggi soffrono «dell'esposizione alla prolungata recessione». Pur avendo spalle robuste in termini di capitalizzazione, il comparto denuncia tuttavia qualche fragilità proprio perché «si iniziano a vedere gli effetti dei prestiti in sofferenza o di tassi di interesse tenuti bassi per lungo tempo».
L'aumento degli impieghi di difficile riscossione è una delle cause alla base di quel fenomeno, non solo italiano, che va sotto il nome di credit crunch. Draghi ha osservato come la rarefazione del credito sia anche provocata dalla «mancanza di domanda», ma più in generale c'è un problema di mancato trasferimento alle imprese della liquidità extra di cui gli istituti dispongono grazie anche ai 1.
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