La battaglia per il controllo di Rcs infuria e Diego Della Valle torna alla carica, attaccando direttamente l'ad Pietro Scott Jovane: «È un'azienda che va tutta rifondata, all'interno c'è un editore puro che è Cairo e sono dell'idea che, nel caso se la senta, deve gestirla. C'è un amministratore delegato inadeguato». Così il presidente di Tod's, parlando con Giovanni Minoli ai microfoni di Radio 24, «tira per la giacca» l'editore di La7, che finora si era mantenuto neutrale nella polemica al calor bianco tra Della Valle e la famiglia Agnelli,impersonata da John Elkann, presidente di Fiat e primo azionista di Rcs con il 20,5 per cento.
Della Valle ne è il numero tre, con il 9%, mentre Cairo ha il 2,8%: ma nessuno dei due è presente nel cda della società che pubblica il Corriere della Sera. E se ieri l'editore piemontese ha preferito evitare i commenti - «Rcs è un'azienda quotata e necessita dunque di riserbo», ha detto - nei giorni scorsi, intervistato dal Giornale, ribadiva la sua disapprovazione sulla vendita della sede di via Solferino: «Non era il momento e penalizzerà il conto economico». Comunque, «prima di prendere altre posizioni voglio vedere i risultati della società», la conclusione.
Anche Della Valle, che pure dice di non avere «alleati ma rapporti di stima con alcuni», contesta la cessione dello storico palazzo - «è stato svenduto», afferma - e minaccia un'azione di responsabilità contro il cda, benché non sia «su quest'argomento, ma su tre o quattro cose...la stiamo valutando».
Poi sferra l'affondo: «Oggi il problema di Rcs è che non c'è un azionariato che si prende delle responsabilità e il cda non decide e non si assume i rischi». E si appella a Matteo Renzi, perché faccia presto piazza pulita dei vecchi sistemi di potere, simboleggiati da un altro storico avversario del patron di Tod's: Giovanni Bazoli, presidente del Cds di Intesa Sanpaolo nonché storico azionista di Rcs. «Contava molto, oggi conta molto poco - è il giudizio tranchant di Della Valle -; io credo che Bazoli identifichi un mondo che se ne deve andare, e mi auguro che Renzi lo faccia subito».
Non si salva naturalmente John Elkann, anzi Yaki, come Della Valle insiste sarcasticamente a chiamarlo: «Io non ho un match con Yaki, lo conosco da bambino; io ho un match con quello che la famiglia Agnelli ha rappresentato nel Paese, ha fatto dei guai e ora è il momento di raccontarlo». E tanto per non lasciare dubbi, aggiunge: «Gli Agnelli hanno fatto molto più male che bene all'Italia, soprattutto considerando cosa ha fatto l'Italia per loro».
Il patron della Tod's boccia anche l'ipotesi - molto chiacchierata ma sempre smentita dalle parti - di un'integrazione tra la Stampa, il quotidiano torinese controllato al 100% dal Lingotto, e il Corriere. «Sono un azionista di quel giornale, e dato che, sicuramente è chiaro a tutti, quella non è un'operazione economicamente interessante, non voglio che il giornale finisca in mano a persone che sono abituate a trattare la stampa come merce di scambio con il potere; quindi, mi auguro che il nuovo potere non si faccia trattare in questo modo».
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