Abi Per Washington Spagna più affidabile

La classifica del Fondo monetario internazionale «mente, non è scientificamente corretta» sulle banche italiane. Il presidente dell'Abi, Giuseppe Mussari, attacca a testa bassa il Global Financial Stability Report dell'Fmi secondo il quale i crediti dubbi (sofferenze e incagli) degli istituti italiani sarebbero superiori addirittura a quelli spagnoli: 10,7% del totale attivo contro l'8,5% iberico. Dopo un incontro di qualche giorno fa con il dg dell'Abi, Giovanni Sabatini, gli sceriffi del Fondo torneranno in Italia a gennaio. E quella sarà l'occasione decisiva per spiegare loro come sono fatte le banche italiane. Tanto che per difendere il sistema Paese da errori di giudizio, il numero uno dell'associazione dei banchieri ha chiesto durante il seminario di Gubbio un intervento del governo e di Bankitalia. «È un problema molto grave, ne va della fotografia della stabilità del Paese: dobbiamo pretendere valutazioni omogenee», ha aggiunto Mussari ricordando che le regole in Italia «sono molto rigorose» e la valutazione comprende «le sofferenze, gli incagli, i crediti ristrutturati» mentre «per altri sistemi bancari così non è».
La diatriba è annosa e gli analisti del settore bancario la conoscono bene. Le banche del nostro Paese riportano fedelmente in bilancio i crediti «incagliati» (situazione di perdurante difficoltà del cliente con debito scaduto a pagare), i «ristrutturati» (con modifica del contratto di finanziamento) e le «sofferenze» (crediti nei confronti di clienti in default). All'estero, invece, si riportano solo le sofferenze (e solo talvolta gli incagli). Oliver Wyman seguendo questa metodologia ha individuato un rapporto crediti dubbi/impieghi del 26% per la Spagna. «Il 26% spagnolo è confrontabile con l'11% italiano», ha concluso il presidente dell'Abi. Mussari ha puntato il dito anche contro Paesi come la Francia, «dove grandi istituti bancari come Bnp Paribas, Crédit Agricole, Société Générale calcolano ciascuno con criteri diversi i crediti deteriorati: chiediamo regole uguali per tutti». La strategia di Mussari è a tutto campo: la critica all'Fmi giunge infatti poco dopo la firma dell'appello dell'Ebf (la federazione bancaria europea) al commissario Ue Barnier affinché si rinvii dal 2013 al 2014 l'applicazione delle regole di Basilea III come già hanno stabilito gli Usa. Argomento che vede molto sensibile anche l'ad di Intesa Enrico Tomaso Cucchiani.

«Siamo una delle pochissime banche al mondo già in regola - ha detto - ma se gli Usa si smarcano per un anno, le banche europee si trovano in una situazione di svantaggio, si spezza la concorrenza». Bruxelles però non ha voglia di fare retromarcia.

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