Economia

Con le accuse dei pm a Vivendi la Borsa premia Mediaset

Dopo la chiusura indagini per manipolazione e ostacolo titoli su del 2,7%: Biscione più forte nella causa civile

Con le accuse dei pm a Vivendi la Borsa premia Mediaset

Mediaset è salita ieri in Borsa del 2,7% nonostante l'ormai duplice scontro, a livello giudiziario e istituzionale, con il socio Vivendi. Una situazione non semplice che dura ormai dal 2016, ossia da quando i francesi, che in aprile avevano firmato un accordo per rilevare la tv a pagamento di Mediaset, Premium, in luglio hanno fatto marcia indietro iniziando una scalata ostile al Biscione. Gli acquisti su Mediaset sono giunti dopo la chiusura delle indagini, cominciate proprio nel 2016 dopo la denuncia di Fininvest (che detiene il 45,8% dei diritti di voto Mediaset) per il tentativo di scalata. Dall'avviso di chiusura indagini è emerso che il patron di Vivendi, Vincent Bollorè, e l'ad Arnaud de Puyfontaine sono indagati con l'accusa di manipolazione del mercato e di ostacolo all'attività di vigilanza. Dopo l'annuncio di fine luglio del mancato acquisto di Premium il titolo Mediaset in Borsa era sceso di circa il 30%. E il gruppo francese aveva iniziato ad acquistare. Ma la decisione risaliva addirittura a febbraio del 2016 - prima ancora dell'accordo su Premium - quando un consiglio di Vivendi aveva deliberato di rilevare fino al 25% di Mediaset. Vivendi nega irregolarità dicendosi disposta a chiarire prima che la procura assuma le proprie determinazioni. Secondo gli analisti di Banca Akros «le nuove accuse del tribunale di Milano contro la dirigenza di Vivendi rafforzano la posizione di Mediaset, anche se una possibile intesa tra le parti sembra sempre più complessa».

Infatti, accanto a questa causa penale, c'è anche quella civile promossa da Mediaset e Fininvest con la quale le due società chiedono circa 3 miliardi di danni a Vivendi. Ieri sono state depositate le memorie e una prima udienza dovrebbe tenersi tra gennaio e febbraio. Secondo indiscrezioni si potrebbe arrivare a una sentenza di primo grado già entro il 2021.

Sullo sfondo c'è anche una questione istituzionale. La Ue infatti ha scritto al governo italiano, dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 3 settembre scorso, che ha stabilito che la legge che impedisce a Vivendi di votare con tutta la sua partecipazione in Mediaset, pari al 28,8%, la nota legge Gasparri, sarebbe contraria al diritto Ue. «Possiamo confermare - ha spiegato la Ue - che i servizi della Commissione sono in contatto con le autorità italiane dopo la sentenza della Corte su Vivendi e hanno scritto al governo italiano».

La lettera dell'Ue arriva alla vigilia di un probabile nuovo intervento del Tar, previsto per domani, sul congelamento delle azioni del Biscione acquisite dal gruppo francese. L'idea del governo, che ha bloccato con una norma la sentenza della corte europea, è quella di introdurre una sorta di sospensione di sei mesi in cui l'Agcom dovrà svolgere una istruttoria per verificare che le partecipazioni incrociate di Vivendi, che oltre al 28,8% di Mediaset ha il 24% di Tim, non violino le norme a tutela del pluralismo dei media.

Ieri intanto il Consiglio di Stato ha accolto l'appello proposto da Tim e Vivendi annullando la delibera con la quale la Consob aveva qualificato il rapporto partecipativo di Vivendi in Telecom nei termini di «controllo di fatto».

E dunque anche questo fatto potrebbe pesare sull'indagine Agcom.

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