Anche per oggi non si vola. Conviene stare coi piedi ben piantati a terra, lasciando da parte i sogni di una ripresa a V, quel risalire così rapido che ci farebbe guardare come un punto lontano e tremolante le macerie da Covid-19. Fed e Bce hanno messo tutti sull'avviso nei giorni scorsi: questa è una recovery parziale e disomogenea, meglio essere prudenti. Non sbagliavano. Perché gli squilli dell'economia sentiti fra giugno e luglio, dopo i mesi di buio imposti dal lockdown, altro non erano che un'amplificazione falsa e distorta dei sussulti della produzione. E' bastata una ripresa dei contagi, accompagnata da nuove restrizioni, per rovesciare le carte: quelli che parevano assi sono diventati due di coppe.
Così, quella ripresa ancora in nuce e fragile, finisce per traballare non appena l'indice Pmi dell'eurozona cambia colore come una cartina di tornasole, scendendo in agosto a quota 51,6 punti. Una frenata brusca rispetto ai 54,3 del mese prima, il peggior risultato da due mesi a questa parte che fa balenare, in prospettiva, uno scenario recessivo e deflazionistico. Quello in cui le aziende non solo evitano di assumere, ma tendono a sfoltire gli organici. E più gente è a spasso, minore è la domanda interna. E meno consumi significano ulteriori licenziamenti, in una spirale perversa che si alimenta da sola ed è difficile da estirpare. La resilienza mostrata questo mese dal settore manifatturiero, al netto dell'aumento produttivo e degli ordini, è probabilmente anche dovuta al fatto che lo sguardo rimane fisso al taglio dei costi a causa dell'incertezza sull'evoluzione della pandemia. Una strategia difensiva che invece non basta al settore dei servizi, finito di nuovo in sofferenza non appena sono state introdotte le ultime limitazioni indotte dalla risalita dei contagi.
L'eurozona si trova a un bivio: ancora non si capisce se la crescita riprenderà nei prossimi mesi, o se continuerà a vacillare dopo l'iniziale rimbalzo post-lockdown, avvisa Andrew Harker, capo economista di Ihs Markit. E' la stessa domanda che si pongono i mercati, ancora in calo ieri in Europa (Euro Stoxx 600 a -0,15%), con Milano scesa dello 0,36%. Wall Street (+0,30% a un'ora dalla chiusura) procede invece senza inciampi nella sua corsa, consolidata anche nei momenti in cui l'economia americana era messa sotto assedio dal coronavirus e pagava dazio per i ritardi con cui il governo aveva deciso le misure di isolamento sociale. Secondo alcuni analisti, una spiegazione del rally va trovata nell'iperattivismo della Fed e del suo capo, Jerome Powell, che a colpi di acquisti di asset hanno finito per gonfiare il bilancio della banca fino a toccare i 7mila miliardi di dollari. Col risultato di far lievitare la ricchezza degli oltre 600 paperoni a stelle e strisce di 434 miliardi (patrimonio complessivo, 3.400 miliardi), mentre oltre 30 milioni di persone perdevano il lavoro. Anche col Covid, Wall Street vince a mani basse su Main Street. Trump può continuare a gongolare davanti al rally del mercato azionario, ma a novembre gli elettori potrebbero presentargli un conto salato. Aggiungi in coda al pezzo: Soprattutto in caso di mancato accordo sui nuovi aiuti.
Nel secondo trimestre, il fisco ha drenato quasi 35 miliardi al giorno dai contribuenti. E con richieste di sussidi superiori al milione a settimana, senza un sostegno federale le tasche degli americani saranno presto vuote.
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