Visto che la storia si ripete, Air France sembra aver imparato la lezione di sei anni fa. L'atteggiamento complessivo di Parigi nei confronti di Alitalia appare - al contrario del piano del 2007, presentato in tutta trasparenza - molto più astuto e mostra una buona dose di disinteresse; ma, come si dice, chi disprezza compra. Anche l'azzeramento del valore della partecipazione Alitalia nel bilancio Air France, decisa l'altro ieri, assomiglia a una mossa tattica; è come dire: non vale nulla, non illudetevi. Ancora: i vertici della compagnia parlano di «aiutare» Alitalia, anziché di «acquistare», ribaltando i termini della questione e cercando di apparire soccorritori. Del resto le scottatura di Air France con Alitalia sono state molte, nel tempo: può essere ricordato che nel 2002, per cementare gli accordi commerciali appena avviati, le due compagnie si scambiarono il 2% del capitale. Non era una manovra finanziaria, era un primo passo verso un'alleanza più forte. Bene: sei anni dopo Air France azzerò il valore di quella quota nel proprio bilancio (dopo aver partecipato anche a un aumento di capitale); Alitalia, al contrario, nel 2008 vendette quel 2% di Air France per circa 140 milioni.
Oggi i comportamenti di Parigi non sono facilmente decrittabili. L'unica data certa è quella del 16 novembre, termine per la partecipazione all'aumento di capitale. Solo allora, all'ultimo momento, si capirà se Air France aderirà o meno; per ora tiene sulla corda la compagnia, gli altri azionisti, le banche esposte e lo stesso governo. Ma non si tratta solo di una questione finanziaria. I tavoli di trattativa oggi sono diversi: solo se otterrà un doloroso ridimensionamento di Alitalia (con gli ammortizzatori sociali conseguenti) e una significativa ristrutturazione del debito, Parigi dirà di sì. Altrimenti lascerà che la compagnia continui la sua parabola discendente, per raccoglierla stremata, l'anno prossimo, a condizioni ancora più vantaggiose.
Ieri è stata diffusa la notizia che una delegazione italiana volerebbe nei prossimi giorni a Mosca per sollecitare un intervento di Aeroflot alternativo a Air France. Al di là della notizia che la compagnia, interpellata, non ha voluto commentare, e dei messaggi politici lanciati dal ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, secondo il quale va eventualmente trovato un altro partner internazionale, la realtà sembra un'altra: nessuno dei possibili alleati rilanciati in questi mesi - Aeroflot, Etihad, o fantasiose ipotesi cinesi - appaiono soluzioni concrete. Restando ad Aeroflot - dove uno dei vice ad è Giorgio Callegari, ex manager per le relazioni internazionali di Alitalia - non sono immediatamente intuibili strategie industriali; inoltre, Alitalia ha una forte partnership transatlantica con Delta (insieme ad Air France), e non è detto che un asse con la Russia avrebbe l'assenso del partner americano.
Etihad è un interlocutore più realistico, interessato a rafforzarsi in Europa (dove è azionista di Air Berlin) e, probabilmente, a valorizzare Fiumicino.
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