Alitalia-Etihad pesca il jolly del petrolio a buon mercato

La nuova compagnia decolla con il prezzo del greggio dimezzato rispetto a poche settimane fa: per la Iata, nel 2015, utili del settore da 20 a 24 miliardi

Alitalia Sai, la nuova società nata dall'alleanza con gli arabi di Etihad, nasce in un momento favorevole per il trasporto aereo mondiale: il prezzo del carburante, che è il principale costo di una compagnia, valutabile tra il 30 e il 35% della struttura dei costi, è ormai da mesi in calo e nell'ultimo scorcio del 2014 ha subito un autentico crollo. Con il greggio a 48 dollari, il settore aeronautico (insieme a tutti i comparti industriali «energivori») gode di uno sconto ampio e inaspettato che dà sollievo a tanti bilanci difficili. Le ultime stime della Iata vedono gli utili complessivi delle compagnie mondiali a quota 19,9 miliardi di dollari per il 2014, che salgono sopra i 24 miliardi per l'intero 2015: motivo principale, proprio il calo del petrolio.

Anche Alitalia Cai, la società dei patrioti operativa dal primo gennaio del 2009, entrò sul mercato in un momento favorevole per i compratori di combustibile, anche allora sotto i 50 dollari al barile: ma il beneficio fu quasi illusorio perché, proprio in parallelo all'esordio della compagnia, il prezzo ricominciò a crescere, raddoppiando in due anni e fermandosi, fino all'inizio del 2014, nella fascia 100-130 (quando nei dieci anni precendenti il 2008 la crescita era stata lenta e graduale). In altre parole, se oggi il petrolio riprenderà a crescere - ma le previsioni sono molto contrastanti - il recente passato di Sai è ben diverso da quello di Cai.

Ci si chiede: ne beneficeranno i passeggeri attraverso un calo dei prezzi dei biglietti? Nell'immediato probabilmente no. Gli acquisti di carburante avvengono con un anticipo di almeno tre-sei mesi rispetto all'effettivo utilizzo, e quindi per un periodo relativamente lungo i prezzi di riferimento restano quelli vecchi. È anche vero, peraltro, che molte compagnie tendono a neutralizzare le oscillazioni di prezzo con (costosi) contratti assicurativi; tuttavia ci si ricopre soprattutto dal rischio di aumenti, così che il calo del prezzo può rivelarsi, addirittura, una perdita finanziaria.

Va anche considerato che negli ultimi dieci anni l'intero trasporto aereo ha fatto grandi sforzi per rendere l'offerta inferiore alla domanda, per raggiungere migliori risultati di bilancio. Ora, dunque, è pensabile anche che le compagnie tendano a mettere fieno in cascina, senza trasferire il beneficio sulla clientela; qui forse non sono estranei accordi di cartello (non provabili), almeno fino a quando un singolo operatore non spezza il fronte abbassando i prezzi e rimettendo in moto un processo competitivo.

Il partner di Alitalia, Etihad, che appartiene a un Emirato ricco di petrolio, ha sicuramente una posizione di vantaggio perché nel Golfo gli estrattori guadagnano anche con il greggio a questi prezzi.

Tuttavia, gli esperti interpellati non ritengono che l'andamento del prezzo del petrolio abbia influenzato l'investimento in Italia. A quanto sia stimato il costo del petrolio nel piano industriale 2015-2017 di Alitalia, questo non si sa.

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