Clima teso. Sindacati preoccupati. Trattativa difficile. Tempi che tendono ad allungarsi. Ieri l'ad di Alitalia, Gabriele Del Torchio, ha incontrato le delegazioni sindacali alle quali ha ripetuto ufficialmente quello che già tutti sapevano: 2.251 dipendenti di troppo. La questione ora è legata alle soluzioni che potrà trovare il governo per accompagnare i lavoratori in uscita; il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, l'altra sera aveva assicurato l'impegno del governo al 100%. Serpeggia qualche spiraglio di fiducia per un atterraggio morbido, utilizzando gli ammortizzatori sociali possibili. L'incontro di ieri a Fiumicino è stato carico di tensione, anche perché il punto di partenza dei rappresentanti dei lavoratori (com'è logico) è quello di riuscire a ottenere che nessuno esca dall'azienda. Buona parte della discussione è rinviata ai dettagli del piano industriale, che sarà il documento prospettico che permetterà ai sindacati di ragionare su un sacrificio finalizzato a un'Alitalia sana e migliore. Il confronto con l'azienda continuerà lunedì, a oltranza.
Quindi ieri si è trattato di una riunione interlocutoria, anche se già serpeggia l'intenzione di prendere altro tempo, andando oltre a quella data del 15 luglio che l'altra sera il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, aveva indicato, forse ottimisticamente, come momento conclusivo. Va ricordato che la lettera dell'1 giugno indirizzata da Etihad ad Alitalia, tra le numerose condizioni pone anche il termine per la firma: entro e non oltre il 31 luglio. Come si ricorderà, la lettera è ultimativa. Lupi ieri ha detto convinto: «Sarebbe una grande responsabilità dire di no a 1,25 miliardi di investimenti» (la cifra che sarà apportata dagli arabi entro il 2018).
Ieri c'è stato anche un incontro tra Alitalia e le quattro banche creditrici, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps e Pop. Sondrio; esso pure interlocutorio. Incontro tecnico che si è prolungato fino a sera e dal quale non era attesa la soluzione definitiva alla vicenda. «L'auspicio è che gli amministratori e i manager di Alitalia sappiano trovare una soluzione - ha detto l'ad di Mps, banca incagliata in Alitalia con credito di circa 90 milioni -. Quello che non va dimenticato è che gli amministratori di una banca devono rispettare i principi di sana e prudente gestione, pena assumersi delle improprie responsabilità nei confronti delle autorità di vigilanza e degli azionisti». Il fatto che le banche non siano ancora pronte per la cancellazione del debito e, in parte, per la sua trasformazione in capitale, fa capire che il cda di oggi non ne prenderà atto e non darà il via libera all'accettazione delle condizioni poste dagli arabi. «La cosa più importante - ha aggiunto Gian Maria Gros Pietro (Intesa Sanpaolo) è il piano industriale. Se viene approvato, il futuro di Alitalia può diventare un futuro di crescita».
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