Economia

Alitalia senza più Alitalia: a rischio lo storico marchio

Un nuovo brand potrebbe essere il prezzo da pagare per ottenere l'ok di Bruxelles. Il vecchio andrà all'asta

Alitalia senza più Alitalia: a rischio lo storico marchio

«Credetemi. Mi dispiace moltissimo l'idea che non si chiami più Alitalia». La notizia l'ha data Mario Draghi giovedì sera, durante la sua conferenza stampa. Fino a quel momento la rinuncia al marchio sembrava solo un elemento di discussione. Ha aggiunto: «Ora stanno trattando sul logo, se tenerlo o meno», e ha definito la compagnia «una cosa di famiglia, un po' costosa». L'obiettivo è di «creare una società nuova che parta immediatamente e si regga sulle sue ali». Il marchio è l'elemento identitario di un'azienda, di qualunque azienda; quindi se da un lato mantenerlo contraddirebbe quella discontinuità richiesta a gran voce dalla Commissione europea, dall'altro appare come una privazione molto dolorosa. Il valore di un marchio è dato dall'avviamento, che in questo caso proviene da una storia a tratti gloriosa durata 75 anni. Ci sono precedenti di compagnie costrette a cambiare brand (Swissair, peraltro extracomunitaria, Sabena, Germanwings), ma in situazioni diverse.

Ci si chiede: che cosa sarà la futura Alitalia senza il proprio nome? Sarà una compagnia nuova, sconosciuta, con una personalità tutta da costruire, senza passato. Farà concorrenza sul prezzo e sul servizio, non su elementi affettivi. Restano comunque degli spiragli. Ita partirà a breve (ora si fa la data del 1° giugno) con un proprio Certificato di operatore aereo che comporterà una nuova sigla (non più AZ); acquisirà aerei e asset aeronautici dall'amministrazione straordinaria attraverso una trattativa privata. Non il marchio però, che avrà una gara a parte. Quindi, viene da pensare: i 40-45 aerei acquisiti dall'amministrazione straordinaria continueranno a volare nell'immediato con la livrea Alitalia anche se la società si chiametà Ita; cosa del tutto legittima. Poi più avanti, svaporata la tensione di queste settimane, il brand andrà all'asta e Ita potrà ricomprarselo. Così Alitalia resterebbe Alitalia.

Non è pura fantasia. Ma quanto vale il marchio? Molto difficile da dire, anche perchè all'estero è abbastanza ignorato (al contrario che negli anni Settanta). Ha un vero valore solo per Ita e per qualche eventuale disturbatore all'asta: è quindi immaginabile un interesse della solita Ryanair o di qualche nuovo vettore, allo scopo di alimentare una certa confusione sul mercato.

È chiaro che il marchio, così prezioso, nella trattativa con l'Ue è stato sacrificato a qualcosa di più importante. Si possono immaginare tre temi. Il primo quello degli slot, soprattutto sull'aeroporto business di Linate, dove oggi AZ ha una posizione dominante con 70 voli al giorno (oltre il 60%); l'Ue chiedeva un taglio del 50%, si chiuderà a un meno 8%, in linea con il trattamento riservato a Parigi e a Francoforte a Air France e Lufthansa. Linate per la futura compagnia rappresenterà lo scalo più importante e redditizio, indipendentemente dal marchio. Un altro elemento di compromesso è rappresentato dai tempi: «Che parta immediatamente» ha detto Draghi, «perchè se perde la stagione estiva, non siamo messi bene». In questo contesto si può poi intuire che un'accelerazione è stata impressa anche alla procedura per aiuti di Stato aperta a Bruxelles per il prestiti ponte da 1,3 miliardi. Il governo finanzierebbe Ita non più con 3 miliardi, ma con 1,7, trattenendo come restituzione la differenza. Un accordo politico come questo annullerebbe il contenzioso sul prestito, velocizzando gli eventi.

Un'incognita è rappresentata dai sindacati, soprattutto quelli confederali, critici su dimensioni e attività di Ita, e preoccuati per la quantità degli esuberi.

Non va dimenticato che in due momenti vitali nel 2008 impedendo l'accordo con Air France e nel 2017, stoppando l'aumento di capitale proposto Etihad i sindacati sono stati determinanti per orientare il futuro della compagnia.

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