Alzi la mano chi non ha mai mangiato da McDonald’s. Quasi tutti, dagli anni ’90 in poi, abbiamo consumato almeno una volta un pasto nel fast-food più famoso del mondo. Ristoranti ad ogni angolo, in città, nelle grandi periferie urbane, nelle località turistiche come nei più sperduti centri commerciali.
Sembrava invincibile, il “Mc” modello, impostosi con successo anche nei paesi di maggiore tradizione gastronomica, come l’Italia. Eppure adesso i dati sembrano dirci qualcos’altro: un’inversione di tendenza, una difficoltà a tenere il passo del mercato che ha fatto drizzare le orecchie a più di uno. Come ci svela il britannico The Telegraph, i dati di vendita del secondo trimestre del 2014 danno l’utile netto in discesa dell’1%: un dato che di per sé non dovrebbe destare preoccupazione, ma che nondimeno porta il presidente di McDonald’s Don Thompson a dichiarare: “Questo non è certo il genere di cose che mi fanno dormire bene la notte”.
Ma perché tanto allarmismo per una flessione tutto sommato così contenuta? Dieci anni fa la situazione sembrava essere molto peggiore, con i clienti di mezzo mondo infuriati per le denunce che erano state portate avanti da documentari come Super Size Me di Morgan Spurlock: il nome di McDonald’s veniva associato a critiche nei confronti della qualità del cibo, dell’etica del lavoro e degli effetti sulla salute dei consumatori. Da allora molta strada è stata recuperata, con il prezzo delle azioni in costante crescita e il numero di ristoranti sempre in espansione. Dalla fine del 2012, però, il tasso di crescita ha raramente superato l’uno per cento a trimestre e i profitti hanno fatto ben pochi progressi.
Thompson spiega come, nonostante in paesi come la Gran Bretagna McDonald’s stia facendo abbastanza bene, grazie ad operazioni di rebranding ed estensione degli orari di apertura dei ristoranti, su mercati decisivi come quello cinese e quello statunitense la situazione sia decisamente meno rosea.
“Negli Usa, il principale mercato di McDonald’s, le vendite sono crollate dell’1,5% nel secondo trimestre. Le cause? Il prezzo, innanzitutto. La concorrenza non è più rappresentata da altre catene di fast-food, ma direttamente dai supermercati. Sempre più clienti mangiano a casa per risparmiare e non escono nemmeno per un semplice dolcetto. Inoltre all’altra estremità della scala di sono catene di hamburger di fascia più alta, che mirano a consumatori più sofisticati e con maggiori disponibilità.”
Poi c’è la Cina, dove è di recente esploso uno scandalo legato ad aziende che avrebbero fornito carne avariata a diverse catene di fast-food, tra cui McDonald’s.
Thompson ammette che l’azienda ha riconosciuto l’esistenza di una minaccia, e ha parlato di un “laboratorio d’apprendimento” sulla West Coast per capire meglio i desideri e
gli orientamenti della clientela. Promette inoltre di concentrare gli sforzi sulla personalizzazione del servizio e sulla semplificazione dei menu, per battere quello che lui stesso definisce “un trend molto preoccupante”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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