Domani a Pistoia l'amministratore delegato di AnsaldoBreda, Maurizio Manfellotto, darà la risposta industriale dell'azienda alle accuse che dall'inizio dell'anno stanno avvelenando il sangue a lui, ai suoi manager, all'azionista Finmeccanica, e all'industria italiana in generale. Sarà presentato il «nuovo» Fyra V250, modificato per resistere a temperature e ad avversità atmosferiche straordinarie, munito di certificazioni inoppugnabili.
Un segnale di diplomazia industriale in una storia drammatica, che finora ha provocato solo danni, a tutti. Anche perché i conti di AnsaldoBreda sono allo stremo e rischiano di peggiorare ancora.
Il giallo parte da lontano. Nel 2004 AnsaldoBreda vince una gara per la fornitura di 19 esemplari del treno ad alta velocità Fyra V250, ideato, progettato e realizzato in Italia, da consegnare alle ferrovie del Belgio (Sncb, 3 treni) e dell'Olanda (Ns, 16). La commessa vale poco meno di 400 milioni di euro. La consegna è fissata per il 2007, ma i primi treni arrivano in ritardo, alla fine del 2012. Qualcosa era andato storto. I treni entrano in esercizio ma l'11 gennaio 2013, a poche settimane dall'esordio, un Fyra in servizio tra Bruxelles e Amsterdam finisce nel mezzo di una nevicata; la neve si attacca in maniera anomala sotto e sopra la macchina, si trasforma in ghiaccio che, spaccandosi, si porta via pezzi di lamiere.
Immediato lo stop. Intervengono le autorità per la sicurezza e infine entrambe le ferrovie rinunciano alla commessa. Durante una conferenza stampa a Bruxelles vengono diffuse foto raccapriccianti di pezzi divelti, incrostazioni da freezer, di deformazioni delle strutture. Intervengono anche i governi per attutire i conflitti.
AnsaldoBreda contrattacca e ribalta le accuse. Dice Maurizio Manfellotto: «Il treno è in possesso di tutte le certificazioni europee. Nelle condizioni climatiche dell'11 gennaio doveva viaggiare a 20 chilometri all'ora, come da manuale e da contratto, invece è stato lanciato a 250 all'ora nonostante per tre volte il freno automatico sia entrato in funzione. C'è la scatola nera a provarlo». La responsabilità è attribuita al macchinista, che avrebbe omesso i comportamenti conseguenti.
La vicenda prende le vie dei tribunali e sono in corso cause sulla rescissione del contratto, sulla richiesta di AnsaldoBreda di accedere ai report sulla sicurezza che hanno determinato lo stop e sulla richiesta italiana di nominare un comitato di esperti indipendenti. Il Belgio ha già domandato 20 milioni di euro di danni.
In attesa dei giudici, AnsaldoBreda è intervenuta sul treno con quegli accorgimenti tecnici che non erano stati richiesti dal contratto, ma che il costruttore ha ritenuto di progettare per migliorare il suo prodotto. Domani, a Pistoia, dovrebbe essere anche proiettato un video con la ricostruzione esatta di quanto accaduto quell'11 gennaio. Si tratterà poi di capire quale sarà la reazione del nord Europa: se costruttiva, accogliendo il gesto industrial-diplomatico, oppure di chiusura, come è stato finora.
Al di là della vicenda industriale, per la quale Manfellotto ha preannunciato cause che tutelino il danno all'immagine subito da AnsaldoBreda, il rischio è che tutto ciò pesi sui conti di una società già molto provata. Tra il 2004 e il 2010 l'azienda ha perso 800 milioni, nel 2011 su 600 milioni di fatturato ne ha persi 700; nel 2012, su altrettanti ricavi, le perdite sono ammontate a 181.
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