Auto, lusso, tecnologia. Sono tre i settori maggiormente colpiti dall'onda d'urto generata dalla doppia svalutazione cinese. Da Apple a Ferragamo passando per Tod's, Volkswagen, Peugeot e Fiat, i titoli delle società che fanno i maggiori affari a Pechino sono le prime vittime della rivoluzione monetaria dello yuan. Ma non i soli.
Complice una reazione speculativa, tutti i settori hanno risentito ieri in Borsa della nuova strategia cinese (dai bancari ai titoli industriali) e sulla graticola sono finite, indirettamente, anche azioni - come quelle oil - penalizzate dal crollo delle materie prime. Così, i prossimi giorni saranno determinanti a Piazza Affari per capire chi perde e chi vince davvero con questa nuova politica monetaria. Al momento sembrano averci rimesso tutti i comparti. La svalutazione, infatti, da una parte penalizza le esportazioni verso la Repubblica popolare e, dall'altra, rischia di rallentare la stretta monetaria della Fed e di pesare sul dollaro. In allarme è quindi tutto il comparto dell'export italiano e non. Il settore più colpito è quello della moda che in Asia, complice la stagnazione europea, aveva trovato un nuovo Eldorado. Tra le blue chip europee ci sono Lvmh (29%), Swatch Group (20%), Richemont (15%) e Prada (15%). Sul fronte italiano, la più esposta è la Tod's di Diego Della Valle, con quasi un quarto dei ricavi consolidati 2014 generati nell'area. Segue Ferragamo con il 18%. Più indietro si trovano Moncler (7% delle vendite), Brunello Cucinelli (6%) e Luxottica (2%).
«L'indebolimento della valuta cinese, riduce anche il beneficio derivante dalla pratica di vendere, lo stesso prodotto, a prezzi più alti nelle boutique di Shanghai e Hong Kong, rispetto a Milano e Parigi» spiega un analista. In questo contesto ci sono poi casi particolari come quello di Geox, avvantaggiata dalla svalutazione dello yuan in quanto esporta in altri mercati le proprie merci prodotte in Cina. Tuttavia ieri anche il gruppo di Mario Moretti Polegato ha perso terreno (-2,33%). Insieme al lusso, soffre anche l'auto. Volkswagen (-4,3%), a fronte di un'esposizione del 9% del fatturato in Cina, vi genera il 22% dell'ebit e il 45% dell'utile. Tra le tedesche Bmw genera il 18% dei ricavi in Cina, il 25% dell'ebit e il 34% dell'utile pre tasse. Daimler il 9% dei ricavi, il 17% dell'ebit e il 23% dell'utile pre tasse. Peugeot il 7% del fatturato, il 21% dell'ebit e il 38% dell'utile pre tasse. Meno esposta è la italo americana Fca che genera il 6% del fatturato nel Paese della Grande muraglia, il 4% dell'ebit e solo il 3% dell'utile pre tasse. Tuttavia ieri la Fiat è stata protagonista di un vero tonfo a Piazza Affari: -6,4% a 13,7 euro.
Tra gli effetti indiretti, c'è poi il crollo del petrolio (a 43 dollari). La Cina è il secondo importatore mondiale, ma la valuta debole a fronte del dollaro rischia di ridurne gli acquisti. Di conseguenza, sul fronte italiano sono stati trascinati al ribasso Eni (-2,26%) e Saipem (-0,25%).
Quanto all'industria italiana, qualche beneficio potrebbe arrivare per Piaggio (-6,5%) che in Cina produce parte dei propri motoveicoli, ma per il momento prevalgono gli effetti negativi legati ai timori che la locomotiva mondiale tiri il freno e si inneschi in parallelo una dura battaglia sulle valute. Sul fronte tecnologico, infine, ieri Apple (i cui ricavi nell'area sono cresciuti del 112% a giugno) ha aperto la seduta in positivo dopo aver pagato dazio martedì scendendo ai minimi da sei mesi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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