L'Arabia Saudita è pronta a togliere il timbro «Top secret» che ha finora tenuto nascosto l'ammontare delle riserve petrolifere. Un segreto custodito gelosamente che sta per cadere in vista dell'approdo in Borsa del colosso Saudi Aramco, dal cui collocamento Riad conta di incamerare circa 2mila miliardi di dollari. La cifra servirà a ripianare, anche se solo parzialmente, il buco da 87 miliardi (stima per il 2016, pari al 13,5% del Pl) che si è aperto nei conti pubblici a causa della caduta dei prezzi del greggio. La precaria situazione delle finanze aveva peraltro indotto il mese scorso il Paese a collocare un bond da 17,5 miliardi.
«Sarà la quotazione più trasparente di tutti i tempi di una compagnia petrolifera», ha spiegato al Financial Times il ministro del Petrolio, Khalid al-Falih, secondo il quale «condivideremo tutto di Saudi Aramco, tutto sarà verificato da terzi indipendenti», compresi i conti finanziari «le riserve, i costi, gli indici di redditività». Sulla consistenza del patrimonio petrolifero saudita è calato il sipario dal 1980, con il perfezionamento della nazionalizzazione di Aramco, in precedenza sotto il controllo Usa. Alcune stime calcolano le riserve in 260 miliardi di barili, mentre il Fondo monetario internazionale ha calcolato che per i prossimi 60 l'Arabia potrà ancora contare sulla ricchezza garantita dall'oro nero. Il fondo sovrano saudita ha invece di recente sostenuto che sono 70 gli anni che dovranno passare prima dell'esaurimento delle riserve
Per Riad, costretta a drenare risorse anche per finanziare la guerra con lo Yemen, è un momento cruciale in cui i Paesi produttori cercano faticosamente di ristabilire gli equilibri di prezzo sulla scena energetica. In ballo c'è la proposta di ridurre la produzione Opec coinvolgendo anche produttori esterni, a cominciare dalla Russia. Ma anche in ottobre, il Cartello ha continuato a pompare allegramente portando l'output a quota 33,6 milioni di barili al giorno, 240mila in più di settembre. Non un buon viatico per il meeting informale di domani a Doha, convocato per provare a gettare le basi di un accordo in vista del vertice ufficiale di fine mese a Vienna. L'assenza del ministro del Petrolio dell'Iran, Paese che da sempre rifiuta di contenere le estrazioni ora che le sanzioni Onu sono state rimosse, rischia però di rendere inutile l'incontro nonostante Mosca abbia annunciato ieri di essere pronta a sostenere il congelamento delle quote.
Le quotazioni sono comunque salite (Brent a 47,23 dollari, Wti a 46,13 dollari) senza risentire della notizia dell'aumento delle scorte di petrolio negli Stati Uniti di 5,3 milioni di barili, rialzo superiore alle attese degli analisti ferme a 1,5 milioni di barili.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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