Economia

Atene non ha più un soldo in cassa

Il portavoce del governo: «Senza un accordo, stop ai pagamenti dal 5 giugno». E la Germania non esclude il default

Atene non ha più un soldo in cassa

La Grecia non ha più soldi. «Se non si arriverà a un accordo avremo un problema di finanziamento, non ci saranno fondi per i pagamenti. Questo è il momento della verità, il 5 giugno», ha ammesso ieri il portavoce del governo, Nikos Filis. Chiaro il riferimento alla data in cui verrà a scadenza un prestito da un miliardo e mezzo di euro del Fondo monetario internazionale. Dopo il trucco della scorsa settimana che aveva permesso di ripagare una rata da 750 milioni, sempre al Fmi, con l'utilizzo dei diritti speciali di prelievo, le alchimie contabili sono terminate.

Atene si muove su un crinale molto sottile: un passo falso, e si spalanca il baratro del default, un'ipotesi che a questo punto il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schauble, non si sente di escludere, nonostante da Bruxelles alcune fonti abbiano ieri lasciato filtrare che «le cose si stanno muovendo» nel negoziato in corso tra creditori e l'esecutivo guidato da Alexis Tsipras. Un ottimismo, condiviso dal commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici («Ci si muove a un ritmo che mostra che è possibile un accordo»), alimentato dalle proposte elleniche, giudicate «molto serie», sulla semplificazione dell'Iva, sulle pensioni e sul mercato del lavoro. Inoltre, le posizioni sarebbero vicine anche sul surplus di bilancio, che per il 2015 potrebbe essere tra lo 0,75% e l'1% del Pil.

Ma questi primi, timidi passi in avanti rischiano di tradursi in un precipitoso dietrofront già domani al vertice dei leader europei a Riga, dove il numero uno di Syriza intende presentare un piano di ristrutturazione del debito, secondo quanto rivelato dal giornale Ta Nea . Non dovrebbe trattarsi di una proposta di haircut vero e proprio, bensì della richiesta di allungare le scadenze. In ogni caso, è prevedibile il «no» dei partner. Su questo tema il presidente dell'Eurogruppo, Jeroem Dijsselbloem, è stato chiaro: prima si firma l'intesa sull'attuale programma di aiuti, poi si può ragionare sulla ristrutturazione.

Le agenzie di rating sono intanto sempre più sul chi vive, con Moody's che ha rivisto al ribasso la crescita greca (+0,5% nel 2015, +1,5% nel 2016). Non solo: sono «molto alte» le probabilità che venga imposto «un controllo sui trasferimenti di capitali e un congelamento dei depositi bancari» per fronteggiare l'emorragia dei depositi, fenomeno che ha aumentato la dipendenza del sistema creditizio ellenico dalla Bce. Ormai, segnala l'agenzia statunitense), i fondi Ela coprono il 32% degli asset totali delle banche greche rispetto al 12% di settembre 2014. La Bce continua però a aumentare la liquidità a sostegno delle banche elleniche: ieri il tetto è stato alzato di altri 200 milioni, a quota 80,2 miliardi. Inoltre, l'istituto guidato da Mario Draghi ha deciso di non attuare nessuna stretta sull'haircut, lo “sconto“ sul valore dei titoli di Stato forniti a garanzia della liquidità. Anche la Federal Reserve segue con preoccupazione la crisi greca, uno dei «rischi per la ripresa assieme alla Cina».

Così recitano le minute dell'ultima riunione, da cui emerge che anche se il rallentamento del primo trimestre è «temporaneo», il dollaro forte continuerà a pesare su export e crescita, rendendo «improbabile» un rialzo dei tassi in giugno.

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