«Colloqui molto produttivi in corso con la Cina! Occhio ad alcuni annunci importanti!». Gli annunci via tweet di Donald Trump dedicati ai negoziati commerciali con Pechino vanno sempre presi con le pinze. Stavolta, però, il presidente Usa potrebbe non aver fatto il passo più lungo della gamba. Ancor prima del cinguettio del tycoon, Bloomberg ha ieri rilanciato l'indiscrezione secondo la quale una proposta per tagliare i dazi sulle automobili statunitensi dal 40% attuale al 15% è stata sottoposta al governo di Pechino e verrà valutata nei prossimi giorni. Più tardi, il Wall Street Journal ha riferito di una telefonata in cui il vice premier cinese, Liu He, ha promesso al segretario al Tesoro Usa, Steve Mnuchin, che il taglio ci sarà. È una conferma che piace ai mercati, sempre assai sensibili al continuo cambio di temperatura nelle relazioni tra le due superpotenze, anche se Wall Street ha ingranato la retromarcia (-0,8% a un'ora dalla chiusura) dopo una prima reazione positiva. Meglio l'Europa (+0,98% Milano) grazie ai titoli dell'auto che hanno chiuso con un brillante +2,7%, con Fca perfettamente allineata all'andamento dell'indice Stoxx 600.
In effetti la reazione del comparto europeo delle quattroruote non fa una grinza. A beneficiare di un eventuale abbattimento delle tariffe punitive cinesi sarebbero infatti soprattutto le major del Vecchio continente, al momento assoggettate a un'aliquota del 20%. Le ricadute più positive riguarderebbero i marchi tedeschi, come Daimler e Bmw, veri dominatori della top ten dei veicoli importati sul suolo dell'ex Celeste Impero. Va inoltre considerato che dei circa 50 miliardi di dollari di controvalore relativi alle vetture importate in Cina, appena 13,5 miliardi sono di pertinenza Usa. Inoltre, tutto sommato, un alleggerimento delle tariffe riguarderebbe meno del 5% dei 27 milioni di auto all'anno che compongono il mercato cinese. Senza contare che un'eventuale riduzione dei dazi non sarebbe probabilmente unilaterale: anche gli Usa potrebbero essere costretti ad ammorbidire quel 27,5% di tasse che grava sui veicoli cinesi importati. E ciò finirebbe per favorire la penetrazione sul mercato a stelle e strisce di corporation del Paese asiatico come Gac e Geely.
Nulla è, però, stato ancora deciso. E, visto come sono andate le cose durante tutti questi mesi di trade war, la prudenza è d'obbligo. Anche se, stando a Reuters, i due Paesi hanno discusso una tabella di marcia, per la prossima fase dei loro colloqui commerciali durante una telefonata tra il vicepremier Liu He, il segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin e il rappresentante commerciale Usa Robert Lighthizer. Dopo che a margine del summit del G20 Washington e Pechino hanno concordato una tregua di 90 giorni, la road map dovrebbe proprio servire a evitare che alla scadenza del 30 marzo prossimo il mancato perfezionamento di un vero accordo si traduca in una nuova raffica di dazi.
Resta intanto aperto - e caldo - anche il fronte con l'Unione europea. Gordon Sondland, l'ambasciatore inviato da Trump a Bruxelles, ha accusato l'Europa di tattiche dilatorie nel corso dei negoziati tesi a sciogliere il nodo del disavanzo commerciale americano.
«Abbiamo cercato di risolvere la questione, ma senza successo - ha detto Sondland - . Ci sono una moltitudine di mezzi a disposizione del presidente oltre alle tariffe sulle auto per rendere più difficile per l'Europa vendere i suoi prodotti in America, e questi mezzi sono sul tavolo».
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