Economia

Banche al bivio di Unicredit e Veneto

Domani il cda per avviare il dopo-Ghizzoni. Attesa per i sondaggi sull'aumento della ex popolare

Massimo Restelli

Tutto in quattro giorni: domani il quasi certo avvio del ribaltone al vertice di Unicredit, a ridosso del week end i primi risultati (ufficiosi) ottenuti nei «sondaggi» tra gli investitori per l'aumento di capitale di Veneto Banca. Un doppio passaggio cruciale per la mappa del potere finanziario del Paese, sia perché con la prevista uscita di Federico Ghizzoni, Unicredit cambierà capo azienda tre anni dopo la concorrente Intesa Sanpaolo (che pensionò Enrico Cucchiani nel settembre 2013), sia per il «rischio sistemico» connesso all'incognita Veneto Banca.

Iniziamo da Unicredit. L'avviso di convocazione formale del board straordinario (fissato domani alle ore 16) è atteso in giornata, ma i consiglieri sono in pre-allerta da tempo. Visto il crescente pressing di alcuni soci, Ghizzoni potrebbe presentarsi dimissionario, pur restando come «traghettatore» fino all'arrivo del successore. Il compito di avviare formalmente la ricerca spetta al comitato governance, presieduta da Luca Cordero di Montezemolo, che potrebbe tenersi subito dopo il board. Non mancherà il mandato a un cacciatore di teste, ma l'input che si respira tra gli azionisti è affidare Unicredit non a un banchiere d'affari ma a un manager avvezzo alla complessa macchina organizzativa di un gruppo con 130mila dipendenti e profonde radici retail. Resta da capire quale sarà la buonuscita di Ghizzoni, il cui mandato scade con la primavera del 2018. Dovrebbe invece essere rimandata la resa dei conti sul presidente Giuseppe Vita, criticato da alcuni soci per l'eccessiva «autonomia» nella selezione dei cacciatori di teste. Un fronte, a partire dagli arabi del fondo Aabar di cui è «ambasciatore», vorrebbe alla presidenza di Unicredit lo stesso Montezemolo. Ma il numero uno di Alitaia non appare al momento disponibile.

Quanto invece a Veneto Banca, il rischio è legato sia alla reazione della Borsa se Atlante dovrà correre a tamponare un altro aumento di capitale dopo quello di Popolare Vicenza, sia al colpo che subirebbero le casse dello stesso fondo nato sotto la regia del dominus delle Fondazioni Giuseppe Guzzetti e affidato alla Quaestio di Alessandro Penati. Atlante, nato con una dotazione di 4,3 miliardi, ne ha infatti già «bruciati» 1,7 per sventare il pericolo bail-in su Vicenza e se ne dovesse versare un altro in Veneto resterà con 1,7 miliardi. Non molti, pur considerando la leva, vista la missione di aiutare l'intero sistema bancario italiano a risvegliarsi dal coma di 80 miliardi di sofferenze nette. Cioè già considerate le svalutazioni. Il capo azienda di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, che garantisce l'aumento di Veneto tramite Imi, ha già lasciato intendere che se Atlante dovrà intervenire, è bene inghiotta da solo tutta la torta della ricapitalizzazione, così da avere poi mani libere per trovare uno sposo a Veneto Banca. Ma le manovre sono in corso, con il possibile interesse, malgrado le prese di distanza uffciali, sia di Ubi sia di Bper: l'ad della prima Victor Massiah ha comunque e detto di non avere a momento dossier aperti, mentre quello della seconda Alessandro Vandelli non ha nascosto mire espansionistiche in Valtellina.

Dove, vista la decisione di Popolare Sondrio di continuare a restare autonoma, gli osservatori scommettono sul Credito Valtellinese.

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