Dopo mesi di tentativi Luigi Zunino pare a un passo dal riacciuffare, grazie ai dollari del miliardario texano Tom Barrack, quello che resta della «sua» Risanamento. Ma le banche creditrici non sembrano avere alcuna intenzione di lasciare campo libero al ritorno sulla scena dell'immobiliarista. In sostanza, sebbene ieri in Borsa il titolo Risanamento abbia chiuso il rialzo del 6,95% a 0,22 euro, proprio sulla scommessa che Zunino avrebbe alzato il prezzo della successiva Opa, tra gli istituti creditori non si registra alcuna «convergenza» a riconsegnare all'immobiliarista, a meno di un rilancio, le chiavi del gruppo che hanno strappato dal fallimento nel 2009: la proposta di Zunino si aggirera sui 20 centesimi per azione, cui seguirebbe l'offerta pubblica a 25 centesimi per procedere al delisting.
Pur con le inevitabili sfumature, l'«irritazione» negli uffici di Unicredit (la più intransigente), Intesa Sanpaolo e Monte Paschi, sarebbe infatti palpabile dopo la proposta consegnata in extremis dall'americana Colony, che si muoverebbe in sintonia con Zunino, per i palazzi che Risanamento possiede nel cuore di Parigi. Il cda, spaccato in due, si ritroverà giovedì per il approfondire il dossier, dopo però aver rottamato l'offerta alternativa di Chelsfield, che aveva messo sul tavolo 1,28 miliardi per l'intero portafoglio. Colony comprerebbe invece in una prima fase soltanto la metà degli immobili, per una cifra stimabile in 6-700 milioni, riservandosi un'opzione «call» sul resto dei palazzi da esercitare tra la fine del 2014 e l'inizio del 2015. Un impianto così congegnato rappresenta un ulteriore rischio per le banche creditrici, costrette a scommettere sul rialzo del mattone, quando avrebbero invece potuto passare tutto a Chelsfield.
Va da sè che, invece, proprio la variabile tempo concessa da Barrack con l'acquisto in due lotti favorisce Zunino, che da mesi lotta per rientrare in possesso dei palazzi di pregio posti nel cosiddetto «triangolo d'oro» di Parigi e avrebbe alloscopo già creato la società veicolo «Oui». Anche perché Barrack si è detto disposto a rilevare immediatamente un primo cespite per 190 milioni, così da assicurare a Risanamento la cassa necessaria per non compromettere la continuità aziendale e «liberarla» dall'obbligo di rifinanziare 30 milioni di debiti con Unicredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi, Banco Popolare e Bipiemme.
La verità è che non solo divergono gli interessi tra Zunino, probabilmente alla ricerca di una riscossa anche personale, e il fronte bancario, ma anche quelli tra i creditori. Se Bpm è in attesa dell'ad Giuseppe Castagna, il Banco Popolare deve infatti risolvere la propria esposizione verso le holding dell'imprenditore: gli affidamenti sono stati in gran parte ereditati da Italease e dall'ex Popolare Italiana, ma ora Verona potrebbe dare una mano a Zunino anche nel caso scattasse l'Opa.
Senza contare che anche all'interno del consiglio guidato da Claudio Calabi e dell'azienda resterebbe un'ala ancora «fedele» al suo fondatore, finito qualche anno fa nei guai con la giustizia. Per portare i debiti dai 2,8 miliardi originari a 1,8 miliardi, il board ha comunque già ceduto quasi tutto il resto degli immobili: dagli Stati Uniti a ancora una volta Parigi, fino all'area ex Falck di Sesto San Giovanni, finita nel 2010 alla cordata guidata da Davide Bizzi per un impegno complessivo di 405 milioni.
All'appello manca invece la formalizzazione della vendita dell'area di Santa Giulia, l'avveniristico progetto di edilizia urbana nell'area sud-est di Milano. Una parte della zona si trova ancora sotto sequestro per alcune contestazioni sui lavori di bonifica effettuati.
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