C'è un refrain molto noto nel settore creditizio: se hai un piccolo debito con le banche è un tuo problema, se il debito è grande, beh quel problema diventa delle banche. Oggi le cose non sono cambiate. Ma riguardano i rapporti tra Stato e banche. La loro tenuta, i loro conti, sono diventati un tale problema che i rischi non riguardano i soli azionisti o obbligazionisti bancari, ma la platea intera dei contribuenti. Oggi il sistema bancario sta vivendo, e non solo in Italia, una crisi simile a quella che passò la siderurgia negli anni 80. Proprio per l'enormità del casino, la questione non riguarda più solo quel settore, ma un pilastro del settore economico nel suo complesso. Come per l'acciaio, si produce una materia prima fondamentale per l'economia, e come per la siderurgia il passato intervento pubblico ha complicato le cose.
Per farla semplice, come la si giri, la situazione delle banche desta preoccupazione. Ciò che tutti sanno è che hanno prestato male e troppo i loro soldi, tanto che sono in circolazione circa 300 miliardi di crediti dubbi. E pensare che sono state sempre accusate di non prestare a sufficienza e quando lo facevano pretendendo troppe garanzie reali e personali. Fatto sta che oggi siedono su una montagna di prestiti difficilmente rimborsabili, e ciò solo in parte deriva dalla crisi economica.
Le banche hanno fatto male anche il loro mestiere più strategico, e cioè la crescita in dimensione. Il caso clamoroso è quello di Mps che ha comprato a prezzi folli ciò che si è poi rivelato una schifezza. È inutile che ci inventiamo palle, la banca è di fatto saltata per aver comprato Antonveneta, nel giro di una notte, a cifre fuori dal mondo. Parte dei problemi di Unicredit derivano dalla sua politica di acquisizioni in casa e all'estero. E la lista potrebbe continuare. Forse, tra le grandi, solo Intesa si salva. Ma la gran parte degli istituti creditizi e del loro management, pessimamente consigliato dagli advisor, continuava a comprare sportelli a botte di milioni di euro, quando la gente già faceva i suoi acquisti on line, su Amazon. Da fucilare. Invece nella migliore delle ipotesi, proprio quel management oggi ci fa le lezioncine e ci spiega il futuro del settore creditizio.
Come se ciò non bastasse ci si è messa la Banca centrale europea. Che fa una cosa buona e una assurda. Partiamo dalla prima. Ha portato i tassi di interesse sotto zero: dovrebbero dare una mano all'economia e agli investimenti. Ma nel contempo uccidono i conti economici delle banche: che si reggono proprio sulla differenza di interesse (alto) con cui prestano e interesse (basso) a cui remunerano i depositi. Tanto più i tassi sono vicini allo zero, tanto meno ciccia per guadagnare hanno le banche. Che infatti soffrono da bestia. A ciò si aggiunga la pessima attitudine delle autorità europee alla regolamentazione: per cui le nostre banche sono soffocate da regole e indicatori che di fatto le paralizzano. È una miscela esplosiva. Tra cinquanta anni qualche economista, con freddezza, lo spiegherà e tutti diranno: come hanno fatto a realizzare una stupidaggine simile, una tempesta perfetta?
Questa miscela è esplosiva. Da una parte verrebbe la voglia di dare un bello schiaffone ai rappresentanti di un settore che ha sbagliato tutto e che ancora gira con l'arietta superba.
Dall'altra questa reazione comprensibile non risolve il problema, ma lo rende più grave. Le banche sono quella grande acciaieria che inquina, che si vorrebbe chiudere e non aiutare, ma che solo quando è spenta palesa il disastro economico della sua mancanza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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