Un «mercato unico» nel nome ma non di fatto. In tema bancario Germania e Gran Bretagna condizionano il resto dell'Europa. Alla fine, con molto ritardo, se n'è accorta anche la Commissione Europea che dello spazio comunitario di libero scambio è la massima autorità.
Ma andiamo con ordine. Sono gli ultimi mesi del 2011, la crisi da spread impazza e il differenziale di rendimento tra i Btp italiani e i Bund tedeschi è stabilmente sopra quota 400 con puntate oltre 500. Per le banche italiane (ma anche per quelle spagnole) scatta l'allarme rosso: da una parte i titoli di Stato italiani in portafoglio stanno creando minusvalenze (virtuali) pericolosissime, dall'altra parte sul mercato interbancario le controparti estere iniziano a non fidarsi più degli istituti italiani chiedendo tassi elevati per prestare loro denaro. Il rischio di una mancanza di liquidità è elevatissimo. Solo a fine dicembre la Bce di Mario Draghi con le aste a lungo termine inizierà a risolvere il problema, ma in quei lunghi giorni alcuni banchieri temono il peggio.
Non è il caso di Unicredit e nemmeno quello del Santander. La prima ha una filiale in Germania (Hvb) e la seconda ne ha una in Gran Bretagna (la ex Abbey): in caso di problemi di liquidità la possono spostare verso la madrepatria. In fondo, si tratta di libero passaggio di capitali all'interno del mercato unico. Così non è. La BaFin (l'equivalente tedesco della Consob seppur limitata al settore finanziario) e la Fsa - l'authority finanziaria della Regina - impongono uno stop: la liquidità non si muove. Il gruppo bancario guidato da Federico Ghizzoni è cortesemente ma fermamente «invitato» a parcheggiare presso la Bundesbank la propria liquidità in eccesso raccolta in Germania. Lo stesso vale per Santander e per alcuni istituti ciprioti a Londra. Il Wall Street Journal ha raccontato che alla filiale tedesca di Mediolanum è stato chiesto di vendere i Btp in portafoglio perché considerati «troppo rischiosi».
Arriviamo così ai giorni nostri. Lo spread, grazie a «SuperMario» Draghi e alla sua difesa dell'euro è sceso, Unicredit sta attuando un piano industriale rigoroso e si è rafforzata con un maxiaumento di capitale da 7,5 miliardi proprio nel momento più difficile (gennaio 2012). Anche sulla Spagna si è un po' più ottimisti. A dicembre il commissario al Mercato interno, il francese Michel Barnier, ha fatto sapere che la Commissione Ue e l'Eba (la superauthority di vigilanza bancaria europea) stanno indagando sulle eventuali violazioni al Trattato. Ieri la notizia è stata confermata anche dal quotidiano tedesco Handelsblatt che, campanilisticamente, ha indicato in Unicredit il responsabile della sollecitazione nei confronti dell'Eba. Moral suasion che, in via ancor più riservata, è giunta agli organismi comunitari da Bankitalia.
Ma qual è la morale della vicenda? Che la Germania di Frau Merkel, non solo politicamente, ma anche finanziariamente è «più uguale» rispetto agli partner europei ed è in grado di condizionare decisioni-chiave. Il corollario di questo teorema è che gli organi di vigilanza sono ancora in una fase di start-up. «Se ci sarà bisogno di intervenire, lo faremo», aveva fatto sapere l'Eba. Un po' troppo timidamente.
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