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"Banche? Ma quali atti d'amore. Passano le aziende ai raggi X"

L'Associazione Vittime del Salva-Banche ha indirizzato una lettera al premier Giuseppe Conte per chiedere un incontro che rassicurino le imprese che si rivolgo agli istituti di credito per avere prestiti

"Banche? Ma quali atti d'amore. Passano le aziende ai raggi X"

"Ad un mese dall'entrata in vigore del decreto liquidità rileviamo che accedere al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese si stia rivelando una vera e propria corsa ad ostacoli per le piccole e medie imprese". Inizia con un vero e proprio atto d'accusa la lettera, visionata in anteprima da ilGiornale.it, che l'Associazione Vittime del Salva-Banche ha indirizzato al premier Giuseppe Conte.

Secondo l'associazione "il sistema bancario sembra non fidarsi delle promesse del governo (garanzie) e quello che molte banche stanno facendo ormai da diverse settimane è "prendere tempo" e rendere sfiancante e complicato il tanto sbandierato accesso al credito". L'Associazione che riunisce le vittime del decreto Salva-Banche, emanato dal governo Renzi dopo il fallimento di Carife, Carichieti, Banca Etruria, e Marca delle Marche, fa notare che gli istituti bancari stanno cercando in tutti i modi di non erogare i prestiti previsti dal governo "richiedendo una serie di certificati e documenti non previsti dalla normativa". Insomma, le banche si trincerano dietro la burocrazia e "passano i richiedenti ai raggi X perché, a oggi, non è chiaro di chi sia la responsabilità nel caso in cui l’impresa che ha ricevuto il prestito dovesse fallire". Una situazione non facile sia per le imprese sia per gli istituti di credito che, poi, inevitabilmente si trovano nell'occhio del ciclone.

Proprio l'Associazione fondata dalla toscana Letizia Giorgianni ha segnalato per prima che alcuni colossi bancari hanno fornito informazioni errate pubblicando sui banner informativi presenti nei loro siti in cui "facevano intendere ai loro clienti che per ottenere i prestiti con la garanzia del fondo fosse prima necessario chiudere i finanziamenti già esistenti". Un requisito non previsto dalla legge e, pertanto, l'episodio dei banner mette a nudo le reali intenzioni di alcune banche italiane che vorrebbero "utilizzare la garanzia del Fondo per le PMI per 'coprire' i finanziamenti già erogati a microimprese e professionisti, ritenendo questi soggetti a rischio insolvenza e volendo assicurarsi il recupero di almeno l’80% del capitale, andando a escutere la garanzia prevista dalla legge". Purtroppo, prosegue la missiva, i risparmiatori che avevano investito nelle quattro banche fallite nel 2015, hanno vissuto sulla propria pelle che gli istituti di credito sono "poco inclini" a compiere certi "atti d'amore". Il governo, quindi, se vuole affidarsi alle banche per dare liquidità alle imprese "deve poi anche assicurarsi che gli istituti non ostacolino l’ottenimento di questi prestiti, altrimenti ci troveremo presto ad dover fronteggiare una crisi dalla quale sarà praticamente impossibile uscire", avvertono dall'Associazione che chiede all'esecutivo Conte di evitare che la "burocrazia bancaria" abbia la meglio sui piccoli imprenditori.

Nella lettera si raccomanda il governo di "concentrarsi su una possibile nuova modalità per una corretta erogazione della nuova finanza, libera da inutili e pericolosi condizionamenti" perché allo Stato Italiano spetta "l’obbligo di tutelare la salute dei suoi cittadini che insieme al lavoro e la sicurezza sono le fondamenta della nostra società civile e della famiglia". La missiva si conclude con la richiesta di un incontro e di un maggior ascolto di "quelle piccole attività commerciali, artigianali e di servizio che sono la spina dorsale del nostro paese". Non manca una critica ai "professoroni delle task force" che non hanno la giusta percezione di " quello che accade nella vita comune delle famiglie italiane". Una situazione che non può essere compresa "da chi vive dentro i palazzi, impegnato come è a scrivere, correggere e riscrivere dopo aver consultato una schiera di burocrati che non immaginano neppure cosa significhi gestire con sforzi e sacrifici una piccola azienda".

O, se proprio il premier non vuole sentire le imprese, "ascolti i sindaci che amministrano i territori, o almeno i suoi 150 Prefetti che coi sindaci si confrontano ogni giorno".

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