«Le banche? Salvate dalle Fondazioni»

«Mica le Fondazioni hanno sposato le banche! Se Intesa tornasse a 6 euro, perché non dovremmo fare una valutazione e investire altrove?». Il presidente di Fondazione Cariplo e dell'Acri, Giuseppe Guzzetti, non accetta che il ruolo degli enti di origine bancaria venga messo in discussione. «Se non avessimo ricapitalizzato le nostre banche, l'avrebbe fatto qualcun altro oppure il contribuente attraverso i salvataggi di Stato», ha aggiunto.
Eppure proprio quella simbiosi tra Fondazioni e istituti di credito Mediobanca l'ha scandagliata, vagliata e - in una qualche misura - messa in mora con un dossier pubblicato a fine maggio. Report che ha suscitato una reazione piccata dell'Acri e che ha convinto Alberto Nagel a organizzare un convegno per esporre il punto di vista del proprio broker indipendente Mediobanca Securities e confrontarla con quello delle Fondazioni. All'appello hanno risposto molti big: il presidente di Compagnia San Paolo, Sergio Chiamparino, il vicepresidente di Fondazione Cariverona Giovanni Sala, il segretario generale di Fondazione Crt Massimo Lapucci e il numero uno di Cariparo Antonio Finotti.
Ma qual è la tesi «eretica»? L'ha spiegata il responsabile banking di Piazzetta Cuccia Antonio Guglielmi. Nei prossimi anni le banche italiane potrebbero dover far fronte fino a 60 miliardi di perdite a causa della crisi. È lo scenario worst case ma, se si verificasse, implicherebbe aumenti che le Fondazioni non potrebbero seguire o che, se sottoscritti, eroderebbero il patrimonio, circostanza che confligge con la legge Ciampi.
E qui si innesta l'origine del ressentissement di Guzzetti & C.: nell'ottica di Mediobanca Securities le Fondazioni stanno sbagliando strategia di investimento. Non bisogna sovraesporsi al settore bancario (40% del patrimonio in media) che non dà sufficienti ritorni e occorre diversificare scegliendo cash cow come le utilities. Insomma, bisogna imitare l'esempio americano di Yale e Harvard o della danese Novo Nordisk che hanno talmente «polverizzato» le asset class in modo da essere al riparo anche in periodo di tempesta. Altrimenti verrà meno anche il rapporto col territorio.
«Il patrimonio lo salvaguardiamo con il fondo di stabilizzazione delle erogazioni e la diversificazione la stiamo effettuando dal 2003, a eccezione di una Fondazione che ha un vizio nello statuto», ha rintuzzato Guzzetti riferendosi tuttavia all'indebitamento di Fondazione Mps per mantenere la presa sul Monte.
Il numero uno dell'Acri ha respinto le dietrologie che vedono gli enti «attaccati» alle banche per questioni di potere. «Senza le Fondazioni le banche non avrebbero potuto competere con l'estero», ha chiosato il presidente del cds di Intesa, Giovanni Bazoli.

La vera sintesi è quella dell'ad di Mediobanca, Alberto Nagel (che con gli aumenti Unicredit ne ha assistite tante): «La loro presenza è importante perché c'è bisogno di qualcuno che creda negli asset bancari e sostenga la revisione del modello industriale». Ecco, il punto è proprio quello: ci vuole un aiuto per poter voltare pagina.

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