
Ha ragione il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, quando afferma che il cosiddetto risiko bancario si sta trasformando in un Far West. Ciascuna delle operazioni lanciate tra inverno e primavera scorsa, paiono arenate o devono cambiare le condizioni o addirittura impediscono altre fusioni. Eppure un consolidamento bancario, in presenza ancora di molte centinaia di istituti bancari sul territorio, servirebbe eccome all'intero sistema finanziario del Paese.
La rigidità delle proposte in campo, associata agli interventi dei regolatori, imporrebbe che le offerte non fossero solo scambi azionari, i cui multipli tra offerente e preda tendono a innescare valori esagerati alle azioni e inducono a mettere in difficoltà pure le cedole bancarie da risultato, le cui percentuali sui valori reali dei singoli titoli sono stellari, ma nel caso questi valori crescano tra il 30 e il 40% ne abbattono sostanzialmente la redditività imponendo una corsa al rialzo per i dividendi 2026.
Se le partite prevedessero una parte in contanti, sicuramente i valori rimarrebbero ancorati a quelli di inizio proposta e darebbero maggiore credibilità alla convinzione che l'offerta sia aderente ai valori espressi dalla preda. Lo scenario del consolidamento avrebbe dovuto avere come progetto ispiratore la nascita di un terzo polo che raccoglie due-tre delle maggiori banche che sono dietro ai due giganti Intesa Sanpaolo e Unicredit, invece nessuna delle quattro operazioni in corso prevede l'opzione terzo polo.
L'unica che si avvicina, ma con molti distinguo, è quella di Mps su Mediobanca, che sicuramente punta ad arricchire reputazione fornendo buone opportunità di crescita in un settore ora poco arato dalla banca senese; ma nel frattempo Piazzetta Cuccia si è posizionata per lanciare una Ops su Banca Generali, con l'obiettivo di allargare la fascia di clientela del wealth management. L'Ops di Unicredit su Banco Bpm è puramente aggregante per aumentare le dimensioni della prima e migliorare il comparto della media e piccola clientela per le quali Bpm è solidamente la migliore. Infine, Bper su Pop Sondrio ha gli stessi presupposti di ingrandimento della prima, senza però raggiungere le dimensioni del terzo polo bancario italiano.
Un terzo polo che nasce deve tenere conto delle caratteristiche della grande maggioranza della clientela italiana, costituita da famiglie e persone e da imprese, sotto varie forme giuridiche, ma che nel 90% o oltre dei casi è costituita da medie, piccole e micro imprese, il cui rapporto con il credito è fondamentale, seppure in molti casi presenta dei meriti creditizi al limite della sostenibilità. La loro crescita patrimoniale e dimensionale è indispensabile per rafforzarle e consentirle di aderire a progetti fondamentali di modernizzazione e digitalizzazione che nascono solo grazie al rapporto praticamente sartoriale con il sistema bancario.
L'attuale status delle Pmi è canalizzato nelle filiere, ormai quasi totalmente in mani estere, i cui capi impongono condizioni
economiche e tempistiche che sovente cozzano con le esigenze delle Pmi. Un terzo polo basato su un progetto industriale con al centro le medie e piccole aziende è quanto mai avvertito, per questo è importante darvi origine.