Banche al test dei costi per salvare il capitale La carta del «Bancone»

Banche al test dei costi per salvare il capitale La carta del «Bancone»

Mettere mano al capitale, tagliare le attività non più strategiche e aumentare i prezzi allo sportello per famiglie e imprese: chiuso il primo trimestre con l’aiuto dai prestiti a basso costo concessi dalla Bce, le banche italiane devono trovare il modo per incastrare margini ridotti al lumicino con un patrimonio adeguato agli occhi delle autorità europee.
Vista la difficoltà di rilanciare raccolta e impieghi in un contesto di recessione, la soluzione più rapida è comprimere i costi sia dal punto di vista del personale sia di struttura, con l’adozione del modello «Banca Unica» come importante fattore di accelerazione.
Secondo alcune stime, il «Bancone» potrebbe infatti fare emergere fino a 3mila esuberi in una realtà come Ubi Banca (tra ottimizzazione delle filiali, del Ced e la nascita di una sola direzione generale) e finirebbe con l’aumentare perlomeno del 10-15% i 3mila tagli potenziali di cui si vocifera in Bipiemme. A Brescia i giochi si faranno dopo il ricambio al vertice in agenda ad aprile 2013, dove se scenderà in campo l’associazione azionisti di Giorgio Jannone (contrario all’attuale vertice), promettono di essere determinanti i voti dei soci-dipendenti: le sigle più forti sono la Fabi di Lando Maria Sileoni e la Fiba di Giuseppe Gallo. L’altra indiziata è il Monte dei Paschi, anche se appare probabile che Siena ripieghi sui contratti di solidarietà per strappare 80-90 milioni di risparmio l’anno. Di certo il tempo è nemico degli ad Fabrizio Viola, Victor Massiah e Piero Montani che pochi giorni fa hanno visto Goldman Sachs inserire Mps, Ubi e Bpm tra le banche italiane che nei prossimi dodici mesi avranno necessità di operazioni di capital management così come il Banco Popolare di Pier Francesco Saviotti. Goldman pensa che dovranno procedere a cessioni di attività, alla creazione di joint venture, o dovranno mettere le mani nelle tasche dei rispettivi azionisti come peraltro hanno già fatto i due pesi massimi del nostro sistema creditizio: Intesa Sanpaolo (5 miliardi di aumento di capitale nel 2011) e Unicredit (7,5 miliardi lo scorso gennaio). Tutti negano di avere necessità di ricapitalizzare, e sono sostenuti in questo anche dai conti di Bankitalia, ma secondo l’Eba alle banche italiane mancano complessivamente 15,4 miliardi di patrimonio. Senza contare che la riforma delle pensioni del governo Monti, ha di fatto dimezzato la platea dei possibili tagli di personale operabili attraverso il Fondo esuberi. E ulteriori problemi si prospettano se si deciderà che i prepensionamenti possono scattare solo dai 62 anni così da coprire con il Fondo i 5 anni mancanti per l’uscita naturale a 67 anni. Da qui per le banche la necessità di provvedere a un generalizzato repricing dei prodotti abbinato, sottolinea Silvano Lenoci associate partner della casa di consulenza Kpmg, a una diversificazione dell’offerta e a una riduzione dei costi medi di erogazione, rivendendo le strutture distributive.

Più spazio, quindi, alla multicanalità, pur preservando il ruolo di «hub» che continuano ad avere gli sportelli sul territorio per fidelizzazare il cliente. In pratica il bancario sarà sempre più un «consulente-venditore», lasciando al fai-da-te le operazioni a basso valore aggiunto così da migliorare - prosegue Lenoci - anche il cross-selling sui prodotti venduti.

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