Massimo RestelliUltimi ritocchi al piano di integrazione tra Bipiemme e Banco Popolare in vista del via libera, atteso domenica prossima, dei rispettivi consigli di amministrazione che porranno la prima pietra del terzo polo bancario italiano (170 miliardi di attivi e 2.482 filiali) alle spalle di Intesa Sanpaolo e Unicredit.Ulteriormente ridotte, infatti le discrepanze non solo sulla distribuzione delle poltrone di vertice, ma anche sui concambi: stando alle ultime simulazioni, a cose fatte il Banco dovrebbe pesare per il 51% nella nuova entità (contro la precedente ipotesi di 52% filtrata dagli advisor) e la Milano il restante 49 per cento.
Un rapporto più vicino alle istanze di Piazza Meda, il cui ad Giuseppe Castagna ha chiesto una «fusione alla pari».Sul buon esito delle nozze pende però una grande incognita: gli umori della base di Bpm quando sarà chiamata al voto in assemblea. I dipendenti soci pretendono infatti che sotto la nuova holding nasca una Bpm «spa», dotata di un proprio board, per almeno 3 anni. Negli uffici della Bce hanno già sollevato moltei eccezioni, ma secondo più di una ricostruzione sembra che l'Eurotower sia alla fine disposta a chiudere un occhio.La battaglia è in corso, come dimostrano le parole del leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, che venerdì prima ha chiarito che i dipendenti-soci di Bpm non andranno mai in assise con una «promessa virtuale» e poi ha ricordato a Castagna come siano stati i sindacati ad affidargli il comando, sostenendo la lista del presidente Dino Piero Giarda. L'ex ministro è peraltro fuori dai giochi della successione: il presidente del nuovo gruppo sarà Carlo Fratta Pasini. In quota a Verona anche la direzione generale con Maurizio Faroni, mentre Castagna sarà capo azienda (si divideranno le deleghe). Nel gioco di equilibri in cda, Castagna avrebbe una delle 3 poltrone inizialmente riservate agli indipendenti così da accorciare le distanze tra Bpm (8 posti) e Banco (9). Pier Francesco Saviotti guiderebbe un comitato esecutivo a 8.Lavori in corso anche a Carige, in attesa del nuovo ad dopo che la famiglia Malacalza (primi soci con il 17,6%) ha tolto la fiducia a Piero Montani. I modi della defenestrazione - non anticipata a Montani - non sono piaciuti al banchiere, i cui rapporti con i Malacalza erano già difficili. Per Montani è il secondo addio al vertice di una banca in 30 mesi: nel novembre del 2013 lasciò Bpm sbattendo la porta dopo averla risanata. E Bankitalia lo aveva inviato a Genova con pieni poteri per rimediare alla gestione Berneschi.
La Fondazione Carige avvalla però la «scossa»: «Siamo in grande sintonia con la famiglia Malacalza», ha detto il presidente dell'Ente Paolo Momigliano. Il 4 marzo scadono i termini per le liste. «Licenziato» anche il presidente di Carige Cesare Castelbarco Albani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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