Economia

La Bce pronta a ricaricare il bazooka

Non escluso un nuovo round di Qe. Tassi fermi a zero almeno fino a giugno 2020

La Bce pronta a ricaricare il bazooka

«Le condizioni attuali non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle di circa 7 anni fa». Mario Draghi mette le mani avanti, giusto per far capire che non è tempo di un nuovo «whatever il takes», il grido di battaglia con cui, nel 2012, la Bce annunciava di voler alzare le barricate a difesa dell'eurozona. Eppure, ai piani alti dell'Eurotower comincia a filtrare la possibilità di far ripartire la giostra del quantitative easing e di tenere i tassi compressi a zero ancora più a lungo. Con la spina della guerra commerciale tra Usa e Cina sempre più acuminata e quindi possibile elemento di freno di un ciclo economico deteriorato rispetto alle attese, nessuno può escludere che, prima o poi, possa essere necessario scavare altre trincee.

Se la Federal Reserve è da qualche mese in modalità prudente e medita ora di tagliare il costo del denaro, la Bce è perfino più cauta. Non c'è infatti una crescita tale, come quella Usa, da costituire una dote sufficiente per resistere. Così, l'Eurotower compie il primo passo mettendosi in posizione difensiva: di un eventuale rialzo dei tassi, ha rivelato l'ex governatore di Bankitalia, non si parlerà prima della metà del 2020. Le lancette del restringimento monetario vengono insomma spostate in avanti di almeno sei mesi rispetto a quelle che, fino al mese scorso, erano le intenzioni a Francoforte. Del resto, occorre ragionare su prospettive non di corto respiro. Il focus non va quindi messo sulla crescita stimata per quest'anno, un 1,2% anzichè l'1,1% previsto a marzo, ma sull'andamento del 2020, quando il Pil salirà dell'1,4% contro il precedente 1,6%, e del 2021 (+1,4% invece che +1,5%). Dopo un'espansione migliore del previsto nel primo trimestre, Draghi si trova a dover fare i conti con dati che anticipano «una crescita un po' più debole nel secondo e nel terzo trimestre». Con una complicazione nella messa a punto dell'outlook: l'impossibilità di prevedere quale piega prenderà la disfida a colpi di dazi fra Washington e Pechino. «Le incertezze geopolitiche, la crescente minaccia del protezionismo e le vulnerabilità dei mercati emergenti lasciano il segno sul sentiment economico», ha spiegato Draghi. Tutto ciò non è privo di conseguenze. Proprio la decisione di allungare la guidance sui tassi è figlia dell'«dell'incertezza rispetto a quanto vedevamo in marzo».

Ma è evidente che il temporeggiamento potrebbe non bastare. Ecco perché, nella riunione di ieri a Vilnius, alcuni governatori hanno «ipotizzato altri tagli ai tassi (di deposito, ndr), altri una ripresa del programma di acquisti, altri interventi sulla guidance», ha rivelato Super Mario. Altrettanto evidente è che un'eventuale ripresa del Qe sarebbe incompatibile con un giro di vite monetario, e ancor più palese che misure di allentamento quantitativo saranno difficilmente varate con l'avvicinarsi del passaggio di testimone fra Draghi e il suo successore, previsto a fine ottobre. Falco o colomba, il nuovo presidente non potrà comunque rifiutarsi - se necessario - di usare gli strumenti che hanno protetto l'euro: «È una possibilità che non posso nemmeno prendere in considerazione. In ogni caso non è il presidente ma il consiglio direttivo che decide», ha detto Draghi.

Per ora, e ciò ha un po' deluso ieri i mercati, gli aiuti arrivano dalla prossima tornata di Tltro, resa meno allettante rispetto alle aste precedenti anche per minimizzare le possibilità di «carry trade» ed evitare che quando arriveranno a scadenza, le banche «siano nuovamente a un cliff risk, ovvero il rischio di dover far fronte a uno sforzo troppo ingente per restituire i fondi».

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