Con quel nome che si porta addosso, è difficile che il lupo Wolfgang Schaeuble perda il vizio di azzannare Mario Draghi. L'inflessibile ministro tedesco delle Finanze non ha fatto passare neanche 24 ore per replicare alle parole con cui, giovedì scorso, il presidente della Bce aveva esortato la Germania a usare gli spazi di bilancio resi disponibili dal debordante surplus commerciale. «Se l'eccedenza di esportazioni del complesso dell'Ue cresce del 3,6%, anche a causa della netta discesa dell'euro - ha detto Schaeuble - , non dovrebbe essere una sorpresa il fatto che anche il surplus di esportazioni tedesche sia aumentato, non del 3%, ma del 2%». Insomma: la colpa è delle misure non convenzionali adottate dalla banca centrale, che hanno determinato l'indebolimento della moneta unica, se a fine anno Berlino avrà un avanzo pari a 310 miliardi di dollari, superiore perfino a quello cinese, anche se in luglio il surplus è sceso a 18,6 miliardi dai 24,7 miliardi di giugno. La stima, diffusa dal tedeschissimo Ifo, corrisponde a un rapporto stellare col Pil: un 8,9% in aperta violazione al tetto comunitario del 6%.
Schaeuble entra dunque a gamba tesa in un periodo in cui le ostilità tra la Bundesbank guidata da Jens Weidmann e Draghi sembrano essersi placate e nonostante, di recente, la Cancelliera Angela Merkel abbia preferito non sparare ad alzo zero sulla politica dei tassi negativi. Il problema è che la Germania non pare intenzionata a correggere gli squilibri commerciali e preferisca sparare sulla Bce, accusandola di distruggere il risparmio, di impoverire la popolazione con il veleno della politica dei tassi negativi, di agevolare l'ascesa dei partiti di estrema destra e di fare il gioco dei Paesi indebitati come l'Italia. Poi magari si tace che proprio di quella politica monetaria così nefasta sia stata proprio Berlino a godere dei maggiori benefici: dal 2008 al 2015 ben 122 miliardi sono stati risparmiati dalle casse pubbliche, come ammesso dal ministero delle Finanze in seguito a un'interpellanza parlamentare dei Verdi. E la più ampia fetta di titoli acquistati da Draghi nell'ambito del quantitative easing è quella dei bond tedeschi, per un controvalore pari a 230 miliardi. Giusto, visto che lo shopping dell'Eurotower è parametrato alle dimensioni dell'economia di ogni singolo Paese.
Ma se la Germania è indiscutibilmente la più grande, da come poi si comporta appare piccola-piccola, ripiegata su se stessa e per nulla quel Paese che molti descrivono come la locomotiva d'Europa. In realtà, i tedeschi non trainano nessun vagone, fanno corsa solitaria, e il surplus tracimante è l'esempio palmare del loro egoismo. Per contenerlo e riportarlo su livelli accettabili, Berlino dovrebbe aumentare gli investimenti pubblici, stimolare la domanda interna (magari ammorbidendo la politica salariale deflazionistica adottata dopo le riforme Hartz del mercato del lavoro) in modo da aumentare anche le importazioni. Ne scaturirebbe un circolo virtuoso capace di impattare sull'intera eurozona, consentendo tra l'altro a Draghi di iniziare il processo di normalizzazione della politica monetaria. Ovvero, di far risalire i tassi.
Un'altra strada praticabile sarebbe quella di abbassare le tasse.
È proprio quello che il governo ha in mente di fare con tagli fiscali per 15 miliardi nel 2017 destinati al ceto medio e alle piccole imprese. Finalmente hanno capito? No, hanno solo paura di perdere le elezioni dell'anno prossimo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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