Bernanke: «L’economia migliora» Borse euforiche, ai massimi 2009

I segnali di fumo che giungono dalla vallata di Jackson Hole, nello sperduto Wyoming, dicono che l’economia globale si sta riprendendo. È il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, a sostenere che «dopo la pesante contrazione degli ultimi anni, l’attività economica sembra migliorare, sia negli Stati Uniti sia all’estero; e le prospettive di un ritorno alla crescita nel breve termine sono buone». Parole che hanno impresso una robusta spinta ai mercati finanziari, in particolare a Wall Street, che ha toccato i record del 2009. Persino il dollaro, in caduta da giorni, ha ripreso quota sull’euro. Milano ha chiuso in forte rialzo, con l’indice Ftse All Share in crescita del 2,25%, record del 2009. Tutti i listini europei hanno tratto giovamento dal discorso del presidente della Fed: Francoforte ha fatto segnare +2,88%, Parigi +3,15%, Londra +1,98%.
Il recupero non sarà rapido, spiega Bernanke davanti al «gotha» dei banchieri centrali, economisti e uomini di mercato riuniti nel simposio organizzato dalla Fed di Kansas City, e coordinato dal governatore di Bankitalia Mario Draghi. Anzi, nella fase iniziale sarà «relativamente lento, con un tasso di disoccupazione che calerà solo gradualmente rispetto ai livelli attuali». Per il presidente della banca centrale americana, «anche se abbiamo affrontato il peggio, restano sfide difficili da affrontare». Permangono, infatti, «tensioni» nei mercati finanziari, mentre le famiglie e le imprese continuano ad affrontare problemi nell’accesso al credito bancario. Comunque, rispetto al precedente simposio di Jackson Hole, l’economia mondiale è migliorata. La risposta aggressiva delle autorità di tutto il mondo ha aiutato ad allentare il morso della crisi: senza questi interventi, osserva Bernanke, «la recessione globale sarebbe stata straordinariamente più lunga e profonda». La crisi ha però messo in evidenza la «necessità urgente» di porre mano alle debolezze strutturali del sistema finanziario, soprattutto in merito alle modalità con cui i governi nazionali stabiliscono le regole e vigilano».
Jackson Hole è l’opposto di Davos. L’ultimo Economic Forum in Svizzera sprizzava glamour e pessimismo, mentre nell’atmosfera spartana del lodge del Grand Teton National Park - senza minibar e aria condizionata in camera - i banchieri centrali sembrano aver ritrovato l’ottimismo. A conforto dell’analisi di Bernanke sono arrivati, nelle stesse ore, i dati sulla vendita di case in luglio che hanno segnato il record degli ultimi due anni (+7,2%): numeri che fanno dire al portavoce della casa Bianca, Robert Gibbs, che «il mercato immobiliare sembra a un punto di svolta». Più volte, gli economisti hanno detto che la crisi sarebbe finita al momento della ripresa del mercato immobiliare americano. Un dei più noti guru di Wall Street, Allen Sinai, si spinge a dichiarare che la recessione americana dovrebbe terminare fra settembre e novembre. Di avviso opposto l’economista Martin Feldstein, secondo cui l’economia Usa «rischia un nuovo calo tra la fine dell’anno e l’inizio del 2010».
«È presto per dire che tutto è alle spalle, e dichiarare che la ripresa è in atto», osserva un ospite illustre del simposio, il presidente della Bundesbank Axel Weber.

«Abbiamo ancora da affrontare una enorme mole di lavoro - concorda il presidente della banca centrale europea, Jean Claude Trichet - e sono un po’ a disagio quando vedo che di fronte a qualche germoglio di ripresa stiamo già dicendo che siamo vicini al ritorno alla normalità».

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