La pagellina di Fitch ha depresso il titolo Tim in Borsa che ha chiuso in ribasso dello 0,60%. Il gruppo telefonico guidato da Luigi Gubitosi ha perso l'investment grade anche di Fitch, ossia l'ultima agenzia di rating che lo aveva mantenuto. Ora il merito di credito del gruppo di tlc è, per i tre big del rating, ossia Fitch, Moody's e S&P, a livello junk (non investment grade, letteralmente «spazzatura»). L'agenzia britannica lo ha portato da «BBB-» a «BB+». Stabile invece l'outlook, ossia le prospettive per i prossimi mesi. Già in ottobre Fitch aveva provveduto a un primo downgrade abbassando l'outlook a «negativo» a causa dell'abbassamento dei prezzi sulle tariffe del mobile dovuto all'arrivo di Iliad come quarto gestore.
«Fitch era l'ultima agenzia di rating a esprimere un giudizio «investment grade» su Tim - ha spiegato un analista - del resto sono ormai molti anni che il giudizio sull'alto debito della società (25 miliardi) pesa sul rating, anche se in parte compensato dal lungo periodo di tassi favorevoli incontrato dal mercato obbligazionario». Quanto alle altre agenzie Telecom ha ottenuto un rating Ba1 da Moody's e BB+ da S&P. Per entrambe le agenzie questo rappresenta il primo livello di non-investment grade. Il downgrade, pur annunciato, è arrivato un po' a sorpresa ed è dovuto dall'andamento dei flussi di cassa inferiori a quanto previsto per il 2018.
In una nota Fitch ha tenuto infatti a sottolineare che Telecom non avrebbe raggiunto la soglia fissata sui flussi (fund from operations adjusted net leverage). In pratica l'indicatore si è attestato a 4,7 volte mentre Fitch ha abbassato da 4,2 a 4 volte il rapporto necessario per recuperare la «tripla B». Il dato appare inoltre stabile e dunque, secondo gli analisti, è improbabile che scenda entro 2-3 anni sotto la soglia fissata per giustificare il rating «investment grade», ossia BBB-.
Sul giudizio ha dunque pesato la pressione concorrenziale sui margini ma anche i costi di ristrutturazione e il fabbisogno di capitale per pagare le frequenze acquistate per il 5G, ossia 2,5 miliardi di euro. «Questi motivi - hanno spiegato gli analisti - finiranno per limitare la capacità di Telecom di ridurre la leva finanziaria organica nei prossimi 2-3 anni». Fitch, nell'analisi che ha accompagnato la decisione, ritiene limitato l'impatto derivante dalla concorrenza di Iliad sul mercato del mobile mentre rileva l'incertezza creata dalla posizione di Open Fiber per la rete in fibra ottica superveloce della telefonia fissa.
Secondo il piano approvato il 21 febbraio scorso il debito dovrebbe scendere a 22 miliardi entro il 2021, un obiettivo ambizioso che infatti aveva dato adito a speculazioni sulla possibile vendita di Tim Brasil. Quanto al titolo, dopo l'assemblea del 29 marzo, è sceso in varie sedute, portando il bilancio totale a -3,7%.
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