La Borsa in profondo rosso Ora il bersaglio è l'Italia

Piazza Affari cede il 3%. Piano segreto di Berlino e Bruxelles per commissariare i governi: le spese autorizzate dall’Ue

La Borsa in profondo rosso Ora il bersaglio è l'Italia

Adesso il nuovo bersaglio, il birillo da tirare giù, è l’Italia. Do­po i 100 miliardi di euro messi sul piatto dall’Eurogruppo per pun­tellare il traballante e intossicato sistema bancario iberico, il miri­no dei mercati si è subito sposta­to su di noi. Il terrificante ribasso del 2,8% accusato ieri da Piazza Affari, con l’inevitabile corolla­rio di nove miliardi di capitalizza­zione svaporati e con sospensio­ni per eccesso di ribasso a raffica, non ne sarebbe prova inconfuta­bile. Ma il crollo isolato, avvenu­to mentre gli altri listini limitava­no i danni a poche frazioni o chiu­devano in rialzo, è proprio il se­gno inequivocabile di un accani­mento selettivo, chirurgico. Con un risvolto perfino grottesco, da­to dall’esuberante guadagno in apertura mostrato sia dall’indice (+1,9%), sia dai titoli bancari. Pro­prio quelli che a fine seduta sono capitolati sotto un diluvio di ven­dite (Unicredit -8,8%, Banco Po­polare -5,92%, Intesa Sanpaolo -5,92% e Mediobanca -5,64%), e non certo per colpa di un report poco lusinghiero di Barclays. La faccenda è invece un po’ più complessa, e riguarda la soprav­vivenza stessa della moneta uni­ca.

Nelle ultime settimane si è in­fatti più volte parlato di un piano per mettere l’euro in stato di sicu­rezza. Funzionari dell’Unione europea hanno discusso della possibilità di limitare l’entità dei prelievi dagli sportelli automati­ci delle banche, di applicare con­trolli alle frontiere e di introdurre controlli sui capitali nella zona dell’euro nel caso di un’eventua­le u­scita della Grecia dalla mone­ta unica. Nessuna decisione è sta­ta presa, hanno sottolineato i fun­zionari, che peraltro non si aspet­tano che Atene abbandoni l’euro.

Der Spiegel ha rivelato ieri che Commissione Ue, Unione euro­pea, Eurogruppo, e Bce sono al la­voro per mettere a punto un pro­getto che vieterebbe agli Stati membri di contrarre nuovi debi­ti. In pratica, la spesa pubblica verrebbe finanziata unicamente col denaro già coperto dalle en­trate. In caso di esigenze tali da impedire il rispetto di questa re­gola, i governi dovranno far cono­scere le loro necessità al gruppo dei ministri delle Finanze che de­ciderà se le richieste siano o me­no giustificate. Solo in seguito, potranno essere emessi degli Eu­robond per finanziare questi nuovi debiti. Novità anche per l’Eurogruppo: sarà diretto da un presidente e sottoposto al con­trollo di un nuovo organismo composto da rappresentanti dei diversi parlamenti nazionali. Lo Spiegel precisa che questo piano sarà valido solo per i nuovi debiti contratti dai Paesi europei e non per i vecchi. Difficile valutare oggi l’impat­to di questa rivoluzione su un Pa­ese come l’Italia, azzoppato dal­la recessione e con prospettive sia sul lato del debito, sia su quel­le della crescita poco incorag­gianti. «L’Italia è a rischio», ha scritto ieri il Wall Street Journal , che sembra trasmettere il punto di vista e le inquietudini delle éli­te finanziarie Usa. «Non è esclu­so che l’Italia lo sia, ma la nostra situazione è ben diversa da tutte le altre», ha replicato il ministro dello Sviluppo Economico, Cor­rado Passera.

Anche tra gli anali­sti europei è però condiviso il pa­rere secondo cui il timore di uno scorrimento del piano di salva­taggio da Madrid a Roma è corre­lato al declinante indice di gradi­mento del governo Monti. I mer­cati, dicono, hanno puntato mol­to sul Professore. Individuato co­me il solo in grado di traghettare l’Italia lontano dalla crisi attra­verso un percorso fatto di rifor­me strutturali. La perdita di con­senso subita tra i partiti, ma an­che tra le organizzazioni impren­ditoriali e sindacali, viene letta come un segnale di instabilità. Peggio ancora se la mancanza di solidità dell’esecutivo dovesse portare il Paese alle elezioni anti­cipate. Dopo il disastro borsistico d’inizio settimana, i rendimenti dei Btp a 10 anni sono tornati so­pra il 6%, mentre lo spread con il Bund tedesco si è involato fino a 473 punti: inutile dire che si trat­ta di livelli da allarme. È evidente che tutto viene amplificato dalla complicatissima situazione del­l’euro zona.

Agli interrogativi sul­la Grexit, si aggiungono quelli che circondano la Spagna. Due, al momento, i fatti certi. Il primo è che Madrid è stata di fatto com­missariata: oltre alla troika Ue-Bce-Fmi, sugli aiuti alle banche vigilerà anche l’Eba, l’autorità bancaria europea. Il secondo è che il salvataggio avrà ripercus­sioni sul debito iberico. Resta in­vece ancora da stabilire quanta parte del prestito verrà richiesta dal governo Rajoy (si parla di 50-60 miliardi). Per saperlo, si do­vrà aspettare fino al 21 giugno, quando le società di consulenze incaricate indicheranno le neces­sità finanziarie degli istituti.

An­cora da chiarire, infine, è quale meccanismo verrà attivato per il prestito. In teoria, lo strumento dovrebbe essere fondo salva-Sta­ti Efsf (usato per Irlanda, Porto­gallo e Grecia), ma i governi - in­cluso quello italiano- preferisco­no la soluzione Esm.

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