In Italia ci sono due Cenerentole del credito ancora da accasare: il Monte dei Paschi e Carige. La prima è controllata dallo Stato che dovrà uscire dal capitale entro il 2021 tracciando, però, la roadmap della privatizzazione già alla fine di quest'anno (salvo proroghe concesse Bruxelles). E poi c'è Carige che, grazie al «non voto» dei Malacalza, ha incassato il via libera dell'ultima assemblea al salvataggio «di sistema» che, comunque, avrà presto bisogno dell'arrivo di un «cavaliere» stabile. Ma al netto delle emergenze, l'appello lanciato dalla Vigilanza ai singoli Paesi dell'Unione è fondere e dunque diminuire il numero di banche in cui ancora il sistema è parcellizzato. In futuro il credito nel nostro Paese potrebbe quindi gravitare attorno a tre grandi pianeti: quello di Intesa Sanpaolo, quello di Unicredit e quello di un terzo polo bancario che accoglierebbe le reduci del mondo Popolare, come BancoBpm, Ubi e Bper, magari annettendo altri satelliti, come Mps e Carige. E lasciando fuori dalla «galassia» le Bcc in ordine sparso sul territorio.
Con questo scenario a fare da sfondo non sono passate inosservate le dichiarazioni di lunedì dell'ad del Banco Bpm, Giuseppe Castagna. Il banchiere non ha alcun dossier aperto sul tavolo ma lascia la porta aperta: «Ci sono due grandi banche, ce ne sono tre o quattro un po' più piccole. Abbiamo sempre detto che guardiamo a un tessuto imprenditoriale che è particolarmente forte nel Nord Italia». Quindi anche un possibile matrimonio con Ubi «è un'operazione che ha sicuramente un senso». Come ha senso guardare in futuro a Siena. Anche se, ha precisato l'ad, «ogni ragionamento intorno a Mps è prematuro perché vanno capite le tempistiche, lascerei lavorare governo e manager in pace, poi se ne potrà parlare».
In Piazza Affari le parole di Castagna hanno dato gas ai titoli delle due banche arginando le perdite del Ftse Mib: il BancoBpm ha chiuso con un +1,17% e Ubi a +0,62%. La maggior parte degli analisti sembra condividere la ratio industriale della fusione BancoBpm -Ubi, ma la strada è ripida. Serve un governo societario «a prova di roccia che è probabilmente il maggior ostacolo» alle nozze, commentano gli esperti Fidentiis. Non a caso lo stesso Castagna ha invocato un patto di azionisti stabili con cui confrontarsi sul futuro dell'istituto di Piazza Meda che ad aprile dovrà rinnovare il cda.
Mentre a Bergamo è stata da poco annunciata la nascita di un nuovo accordo di consultazione tra un gruppo di soci Ubi che raggruppa il 17% del capitale in vista di eventuali mosse strategiche.
Secondo i broker di Equita, inoltre, un eventuale matrimonio tra Banco Bpm e Ubi richiede preliminarmente «un allineamento delle valutazioni dei due titoli», con la banca milanese che tratta a sconto del 25% rispetto all'istituto guidato da Victor Massiah in termini di prezzo sul patrimonio netto.
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