Visto che prevenire è meglio che curare, la Bank of England interviene prima che la Brexit faccia seri danni al tessuto economico inglese. Ed è una terapia d'urto, quella decisa ieri dal governatore Mark Carney: giù i tassi di un quarto di punto, al minimo storico dello 0,25%, primo taglio da marzo 2009; gonfiato il piano di acquisti di titoli di Stato di 60 miliardi di sterline, a quota 435 miliardi, che incorporerà anche lo shopping di corporate bond fino a 10 miliardi; introdotto il Term funding scheme (TFS), un piano di sostegno al credito per imprese e famiglie che avrà una potenza di fuoco massima di 100 miliardi.
Insomma: à la guerre comme à la guerre. Lo impone il divorzio dall'Unione europea decretato dalla vittoria referendaria dei «Leave», destinato a impattare - e non di poco - sui fondamentali britannici. La Boj ha già fatto i conti, e il risultato lo si vede nella drastica sforbiciata subita dalle stime di crescita relative al prossimo anno, quando il Regno non andrà oltre un'espansione dello 0,8%. Si tratta di una percentuale nettamente ridimensionata rispetto al +2,3% dell'outlook precedente e ben inferiore anche al +2% del 2016, dato confermato grazie al traino di una prima metà dell'anno superiore alle aspettative. Il terzo trimestre potrebbe tuttavia chiudersi, in base alle indicazioni degli analisti, con una contrazione del Pil tra lo 0,2 e lo 0,4%.
Le misure messe in campo sono «la risposta adeguata» al contesto economico e renderanno «più probabile» un percorso di distacco da Bruxelles di «successo», ha spiegato Carney, secondo il quale «si tratta di armonizzare lo choc, sostenendo l'aggiustamento, spazzando l'incertezza dal tavolo». Deciso con un plebiscito bulgaro (9 voti a favore, zero quelli contrari), il calo dei tassi potrebbe essere solo il primo step per futuri aggiustamenti al ribasso, nonostante il governatore abbia sottolineato di non essere «un fan dei tassi di interesse negativi» dando l'impressione che il plafond potrebbe essere a quota zero. Oppure, come suggerisce Eric Lonergan, gestore investimenti macro in M&G Investments, Londra potrebbe decidere di agire su un altro versante: «Ci sono ora due importanti tassi nel Regno Unito: il tasso base e il tasso d'interesse con cui la Boe concede credito nell'ambito del programma Tfs. Oggi, questi due tassi sono allo stesso livello, e questo è già di per sé un punto di rottura rispetto al passato, quando la BoE prestava direttamente alle banche solo con tassi d'interesse svantaggiosi. Non ci sono ragioni - aggiunge - per cui in futuro la Boe non possa continuare a tagliare il tasso Tfs lasciando invece invariato il tasso base. In altre parole, non è previsto un lower bound per il tasso d'interesse del Tfs».
Più contrastata è stata invece la decisione relativa al rafforzamento del bazooka, con il falco Kristin Forbes e altri due componenti il board che hanno votato contro l'aumento degli acquisti di bond pubblici. Un solo membro ha votato invece contro l'acquisto di bond societari che dovrebbe, aumentando la domanda nei mercati secondari, stimolare l'emissione nei mercati delle obbligazioni corporate in sterline.
Il piano ha, ovviamente, anche effetti collaterali indesiderati.
Il pound è infatti scivolato ieri dell'1,3% sia contro il dollaro sia contro l'euro, continuando la parabola discendente accentuatasi in seguito alla Brexit. Non una buona cosa per l'inflazione, che rischia di salire oltre il target del 2%. È il minore dei mali. E, in ogni caso, da qualunque parte la si tiri, la coperta resta sempre un po' corta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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