Economia

La grande guerra ai contanti. Che cosa sa il Fisco ora di noi

Il Fisco ci spia sempre di più grazie ai pagamenti elettronici: ecco che cosa accade

La grande guerra ai contanti. Che cosa sa il Fisco ora di noi

Il piano cashback voluto dal governo non decolla e, probabilmente, non lo farà mai più: i numeri impietosi che andremo a sviscerare mostrano una riforma partita male e finita peggio. In ogni caso,grazie anche a questo servizio, il Fisco sa molto più di noi con la tracciabilità dei pagamenti ma non solo.

Il flop del cashback

Perché questo piano non ha avuto il successo che il governo precedente si aspettava? "Le dò un dato appena emerso: soltanto una carta di pagamento su 10 tra quelle in circolazione ha aderito al nuovo piano cashback, un flop totale. Sono poco più di 8 milioni i cittadini che hanno aderito all'iniziativa, il 14% dei maggiorenni coinvolti e soltanto il 10% delle 115 milioni di carte di credito è stata associata al piano, percentuale bassissima contrariamente a quanto si pensava all'inizio": è questa la fotografia fatta dall'avvocato Massimo Leonardi, Commercialista e Revisore dello Studio Legale e Tributario IIILex, tra i massimi esperti in campo fiscale (info.questionifiscali@gmail.com). Leonardi ci spiega come questo rappresenti il fallimento totale della norma, priva di ogni regola. Sicuramente, i soldi potevano essere impiegati in altro modo, soprattutto in tempo di pandemia. "Con tutte le difficoltà di adesso, invece di dare i soldi con cashback si potevano aiutare, ad esempio, i titolari di partita Iva". Il grido dell'avvocato si aggiunge a quello della politica, che nelle ultime ore ha mostrato tutto il proprio dissenso per il cashback di Stato.


In ogni caso, è bene sapere che costi agevolati dal cashback che danno diritto al rimborso, non valgono se sostenuti per l'esercizio della propria professione. "Ad esempio, se io comprassi un computer nuovo per il mio studio, questo acquisto non mi dà diritto al cashback perché la spesa è stata fatta su un costo inerente la mia attività e gode già delle detrazioni fiscali del costo. Quindi, i costi rimborsabili sono quelli della spesa ma non inerenti la propria attività: vale, quindi, per i costi sostenuti da chi non ha una partita Iva", ci dice l'avvocato.

Cosa ne pensa la politica

"Le risorse del cashback possono e devono essere sfruttate in modo più utile a superare la gravissima crisi del settore produttivo e commerciale, a maggior ragione a fronte delle nuove limitazioni imposte. Il sostegno alle imprese, e di conseguenza al lavoro, deve essere prioritario", ha dichiarato in una nota il deputato di Forza Italia Luca Squeri, componente della Commissione Attività produttive della Camera e membro di Confcommercio Milano. "L'auspicio è in Parlamento si svolga un serio confronto su questa misura e che si possa intervenire quanto prima, anche attraverso l'attività emendativa al decreto sostegni, per indicare gli obiettivi preminenti e, di conseguenza, orientare le risorse disponibili", conclude. "I numeri sul cashback e sulle altre iniziative per l'inutile e ideologica guerra contro il denaro contante sono un fallimento totale", incalza il presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, che sottolinea come "il cashback, oltre ad essere un gigantesco regalo alle banche fatto con fondi pubblici, favorisce solo la parte digitalmente più avanzata della nazione e quella con più disponibilità economiche. Non è più possibile continuare con l'economia del gratta e vinci, che ricorda molto la lotteria della banca centrale dello Zimbabwe di Mugabe, i 5 miliardi del fallimentare piano cashless vengano subito stanziati per aiutare le imprese", scrive sul proprio profilo Facebook.

Un altro problema: la lotteria degli scontrini

Insomma, il piano cashback non esisterà più già dal 2022. "Si sono resi conto che è insostenibile dal punto di vista fiscale. Il prossimo anno scomparirà magicamente", afferma l'avvocato Leonardi, che spiega come, in questo lasso di tempo, chi avesse la carta di credito e lo Spid, unica modalità di accesso, potrà scaricare l'applicazione IO sul proprio smartphone indicando le proprie coordinate Iban ed agganciando la carta di credito. "In questo modo, qualsiasi pagamento che si farà con la carta avrà diritto al famoso rimborso del cashback, chiaramente con dei tetti massimi: possono essere rimborsabili fino a 150 euro". Nella norma in vigore per tutto quest'anno, però, c'è anche la famosa lotteria degli scontrini. In questo caso, un richiamo all'Italia è arrivato perfino dall'Ue. "Hanno avuto particolari contestazioni dalla Commissione europea perché potrebbe essere visto anche come un aiuto di Stato: con quale criterio restituisci i soldi con dei pagamenti elettronici? È una norma iniqua, diminiusci l'uso del contante ma non puoi comprimerlo completamente, si ha diritto a pagare anche con i contanti, è una scelta", sottolinea l'avvocato Leonardi. "Se da un lato le banche si sono arricchite, dall'altro la norma non sta in piedi: in un momento di difficoltà del Paese credo che ci siano altri strumenti per aiutare e non soltanto il cashback, è la mia opinione".

Ecco cosa sa il Fisco

Parallelamente ai pagamenti elettronici, logicamente, "camminano" anche i controlli del Fisco. Cosa scopre dai contribuenti quando si paga con carta? "C'è la legge sulla privacy e soprattutto sulla titolarità dei dati: è chiaro che, avendo agganciato la carta di credito all'app statale, il flusso dei nostri dati confluirà nell'Agenzia delle Entrate. Indipendente dalle app, l'occhio vigile dell'Agenzia delle Entrate controlla tutti i pagamenti effettuati con carte di credito, bancomat e strumenti elettronici. "Qualsiasi banca, da qualche anno a questa parte, deve comunicare mensilmente all'Agenzia delle Entrate il flusso di dati bancari che transitano sulla propria piattaforma. Qualsiasi transazione che passa dal conto corrente, un immane flusso di dati, viene trasmesso al Fisco", aggiunge Leonardi. Da questo momento in poi, se c'è qualcosa che non va, può partire una possibile verifica fiscale perché i dati vengono incrociati. "Se domani compro un'abitazione da 500mila euro, faccio il bonifico dalla mia banca: questi soldi vengono trasmessi dalla banca all'Agenzia delle Entrate che incrocerà quell'acquisto e vedrà se Leonardi ha inserito l'acquisto nella propria dichiarazione dei redditi come acquisto di prima casa o quant'altro". Lo stesso discorso vale per i possessori di partita Iva che devono fare la fattura elettronica. "Ormai è tutto tracciato con bonifici e l'Agenzia delle Entrate accumula dati ed informazioni", aggiunge.

Come si combatte l'evasione

Insomma, dal piano flop alla lotteria degli scontrini, tutto fa brodo per prevenire eventuali operazioni fiscali sospette, inutile girarci intorno. "Il maggior problema in Italia è l'evasione fiscale, uno dei Paesi in Europa con maggior evasione correlata ai singoli contribuenti. Ma il grande evasore fiscale, che va stanato, ho il timore che seguiti ancora...", afferma l'avvocato Leonardi. Le maniere per fare i "furbetti" sono ancora percorribili come quando si sposta la sede in un paradiso fiscale: la Svizzera, poi, non è più la roccaforte del segreto bancario che si va via via cancellando, le banche svizzere ormai trasmettono tutti i dati all'Italia. E poi, per evadere si può ricorrere anche ad uno scambio di fatture fittizie.

"Questo per dire che ci sono una serie di operazioni che sono quasi irrintracciabili o è molto difficile che vengano intercettate dal Fisco", sottolinea l'esperto.


"Credo che la grande campagna debba essere rivolta a questo tipo di operazioni che rappresentano importi rilevantissimi e spostano la bilancia dalla parte dell'evasione fiscale, è lì che il Fisco dovrà intervenire. Ovviamente, queste misure attenuano l'evasione ma non la cancellano e i dati mi danno ragione: è sicuramente diminuita la percentuale di evasione fiscale ma è ancora altissima. Tutte queste cose, compresa la fatturazione elettronica, non hanno contribuito a risolvere il problema anche se la normativa era stata introdotta per questo motivo", conclude Leonardi.

Commenti