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La Cina rallenta e preoccupa le Borse

Pil in crescita ma sotto le attese. Lusso a picco, pesa anche il caso di Richemont

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La ripresa cinese delude i mercati, trascinando verso il basso i titoli della moda e del lusso. Da Moncler (-2,91%) a Lvmh (-2,98%), passando per Richemont (-10,4%) e Brunello Cucinelli (-4,1%) soffrono tutti i marchi che hanno vasto consenso tra i consumatori del Paese guidato da Xi Jinping.

A una prima vista, i dati divulgati ieri dal National Bureau of Statistics sulla crescita economica del Dragone (+6,3% su anno) e +0,8% nel secondo trimestre possono sembrare di rilievo osservati da un Paese con un'economia matura come l'Italia, ma nella Cina del boom economico vogliono dire un netto rallentamento della ripresa post-Covid degli ultimi mesi. Gli analisti, infatti, si aspettavano un rimbalzo più robusto (7,1%), dopo un aumento del 4,5% del Pil nel primo trimestre. Tutto questo fa temere per l'obiettivo di crescita del Pil al 5%, che a questo punto potrebbe essere mancato. Le vendite al dettaglio hanno frenato drasticamente a giugno, con un aumento del 3,1% su anno. Questo dato segna un netto rallentamento rispetto al +12,7% di maggio, mentre la produzione industriale ha accelerato a giugno al +4,4% su base annua, contro il +3,5% del mese precedente. E, a complicare i piani del governo di Pechino che ora pensa a nuovi stimoli per la sua economia, c'è anche un dato poco confortante sulla disoccupazione giovanile: i giovani cinesi senza lavoro tra i 16 e i 24 hanno raggiunto un nuovo massimo a giugno, al 21,3%, contro il dato di maggio che si era attestato al 20,8 per cento.

Si tratta di schricchiolii non troppo rassicuranti da un'economia che è sì un mercato di sbocco per molte merci occidentali, ma anche un grande paese esportatore, per cui un rallentamento della sua economia diventa una cartina tornasole della frenata in atto a livello globale.

Da questi dati nasce una giornata di pressioni sui titoli del lusso, che hanno subito ribassi fin dall'apertura dei listini. Ma a gravare sul comparto sono stati anche i conti di Richemont, l'impero del lusso che comprende i gioielli di Buccellati, Cartier e Van Cleef & Arpels, gli orologi di A. Lange & Söhne, Baume & Mercier, Iwc Schaffhausen e Jaeger-LeCoultre e gli accessori di Delvaux e Montblanc, solo per citarne alcuni. Le vendite complessive del gruppo, infatti, sono salite del 14% a cambi correnti a 5,32 miliardi di euro, contro i 5,37 miliardi attesi, con un rialzo del 19% a cambi costanti. Un risultato deludente, che si è subito tradotto in una spirale negativa che ha colpito il titolo insieme ai rivali. Le vendite in Europa sono cresciute del 10% a 1,13 miliardi e in Asia Pacifico del 32% a 2,24 miliardi, ma ora si scopre che la Cina cresce meno del previsto e questo potrebbe avere un effetto negativo sugli obiettivi a fine anno. A fine seduta Richemont ha ceduto il 10% a 138 franchi svizzeri, contagiando Cristian Dior (-4,7%), Hermes (-4,2%), oltre ai già citati Lvmh e Moncler. Sul settore si era registrata una prima avvisaglia la scorsa settimana, all'indomani dei conti trimestrali di Brunello Cucinelli, usciti il 13 luglio a borsa chiusa, con successivo tonfo del 3,6% in Piazza Affari. Le preoccupazioni però aumentano con gli affanni di un consumatore di lusso come la Cina.

Intanto, da i conti di un altro big della finanza americano, Goldman Sachs, si cercano conferme sulle secche dell'economia, con gli analisti che temono una trimestrale (in calendario domani) deludente.

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