Politica economica

Cinque giorni in più per evitare il crac degli Stati Uniti

Il Tesoro Usa: "Risorse fino al 5 giugno". Lo studio di Intesa: "Se salta il negoziato, spese a picco"

Cinque giorni in più per evitare il crac degli Stati Uniti

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Cinque giorni in più prima di arrivare all'ora X, quella che condannerebbe l'America al default. «Sulla base dei dati più recenti, stimiamo che il Tesoro avrà risorse insufficienti per soddisfare gli obblighi del governo se il Congresso non alzerà il tetto del debito entro il 5 giugno», ha scritto Janet Yellen in una lettera allo speaker della Camera, Kevin McCarthy. Insomma, un po' più di respiro rispetto alla dead line dell'1 giugno prima fissata dall'ex capo della Fed. Non c'è comunque altro tempo da perdere: «Durante la settimana del 5 giugno - ha ammonito la Yellen - il Tesoro dovrebbe effettuare pagamenti e trasferimenti stimati a 92 miliardi di dollari, e le nostre risorse previste sarebbero inadeguate per soddisfare tutti questi obblighi».

Il Congresso ha dunque margine fino a venerdì, l'ultima data considerata utile per trasformare l'intesa in legge. Il presidente Joe Biden ha detto che «per quanto riguarda il tetto del debito, le cose si presentano bene. Sono ottimista». Pare infatti profilarsi un «deal» di due anni basato su un aumento del «debt ceiling» (l'importo è da definire) e un taglio alla spesa federale. Sforbiciata che non toccherebbe le risorse della difesa, che salirebbero del 3%, ma sarebbero sottratti all'Irs (l'agenzia che si occupa della riscossione dei tributi) 10 miliardi, dagli 80 di aumento previsti. La spesa complessiva verrebbe quindi ridotta nel 2024 di una cifra pari allo 0,2% del Pil.

Dopo giorni di tensione, venerdì scorso i mercati hanno fiutato che le trattative potrebbero essere alle battute finali. L'happy end ancora non c'è ma pare assodato che, in caso di rottura dei negoziati, il Tesoro garantirà il pagamento di capitali e interessi sul debito per scongiurare la bancarotta, l'America non ne uscirebbe indenne. «Le altre uscite dovrebbero essere tagliate in media di circa il 25%», stima un'analisi della direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo. In caso di assolvimento degli obblighi legati alla previdenza sociale, «il resto della spesa subirebbe un razionamento ancora più consistente, pari a circa un terzo». Ci sono poi i danni collaterali. In caso di prolungato braccio di ferro fra democratici e repubblicani, la banca guidata da Carlo Messina stima «un aumento significativo dei rendimenti dei Treasury in particolare sulle scadenze a breve e medio termine (1-3 anni), un forte calo degli indici azionari, una perdita di fiducia dei consumatori e delle imprese e a una contrazione del credito privato».

Nessuna cifra, ma senza dubbio le conseguenze sarebbero ben più disastrose rispetto alla simulazione 2013 in cui la Fed, ipotizzando uno stallo limitato a un mese, stimava un aumento di 80 punti base dei rendimenti del decennale, un deprezzamento del dollaro del 10% e un crollo di Wall Street del 30%. La recessione sarebbe inevitabile. A quel punto, secondo Intesa, i mercati comincerebbero a scommettere su una serie di tagli dei tassi da parte della Fed e su misure per mettere in sicurezza le banche.

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