Secondo la Congiuntura Flash pubblicata ieri dal Centro studi di Confindustria la produzione industriale è tornata a calare a ottobre (-1%) portando la variazione acquisita nel quarto trimestre a -0,1 per cento. Dalla nota emerge che nei primi 10 mesi restano le difficoltà di moda e automotive ma è evidente il recupero di metallurgia e mobili. Non solo a novembre l'indice pmi è tornato in area espansiva (50,6) e la fiducia delle imprese, a dicembre, resta su un trend positivo. Il rapporto nota che "dopo la positiva performance nel terzo trimestre, restano favorevoli gli indicatori per gli investimenti in impianti e macchinari a fine 2025: a novembre salgono i consumi elettrici, nel quarto in media si mantiene elevata la fiducia delle imprese di beni strumentali (soprattutto le attese di produzione) e anche quella delle imprese di costruzioni". A ottobre le vendite al dettaglio sono cresciute e a novembre le vendite di auto sono aumentate moderatamente. Inoltre, il numero di occupati, dopo il calo a luglio-agosto, è tornato in espansione a settembre-ottobre.
Il Centro studi ha dedicato anche un focus al turismo: è un settore ancora in sensibile crescita grazie agli stranieri: la spesa dei turisti esteri è stimata per il 2025 a circa 57 miliardi, con un +5,2% sul 2024 (a ottobre i ricavi hanno segnato +7,4% annuo). Il flusso di turismo in uscita, cioè gli italiani all'estero, cresce a ritmi minori (+3,1% nel 2025) e resta più basso. Il saldo turistico dell'Italia, quindi, è largamente in attivo e crescente negli ultimi anni (+23 miliardi stimati nel 2025, da +21 miliardi nel 2024), fornendo un contributo importante alla solidità dei nostri conti con l'estero.
Certo, bisogna continuare a fare i conti con variabili esogene come il dollaro debole sull'euro, dovuto anche ai tagli dei tassi da parte della Fed, che insieme ai dazi Usa ha frenato l'export italiano (-3%, dopo +2,9% a settembre con un nuovo calo degli ordini manifatturieri esteri a dicembre), mentre la fiducia delle famiglie si è ridotta a novembre, recuperando solo in parte a dicembre, e con essa le attese sui consumi.
I numeri della Congiuntura Flash restituiscono un "quadro complicato", come viene definito nella nota della Confindustria di Emanuele Orsini. Una fotografia che merita attenzione, ma che rischia di diventare parziale se letta senza tenere conto di alcuni fattori determinanti che nei report economici finiscono sistematicamente in secondo piano. Il primo è quello degli scioperi. Si sono avute almeno circa 5–6 giornate di sciopero in novembre, tra proteste di settore, agitazioni locali e uno sciopero generale, e almeno 3 giornate di sciopero in ottobre, comprese iniziative settoriali e uno sciopero nazionale. Senza contare anche altre astensioni programmate a livello locale o settoriale. Si tratta di un elemento che pesa sui volumi e sulle catene di fornitura, ma che raramente entra nel racconto delle difficoltà come variabile esplicativa. Eppure, fermare linee produttive, rallentare i trasporti o bloccare servizi essenziali ha effetti immediati sui dati mensili, in particolare in settori già sotto stress come l'automotive e la manifattura pesante. Ai numeri flash pubblicati ieri vanno inoltre affiancati quelli del rapporto sui nove mesi di Unimpresa, che precede di qualche tempo quello della Banca d'Italia, secondo cui il settore dell'energia e del gas cresce di oltre il 15%, con un aumento di fatturato pari a 26 miliardi. Le costruzioni sono tornate sopra quota 200 miliardi, con un incremento vicino al 6%. L'agricoltura ha battuto un +7%, superando i 63 miliardi grazie a filiere più strutturate. Anche la manifattura, data in difficoltà, è rientrata in un trend positivo. Il commercio, primo settore per volumi, ha sfiorato 656 miliardi, mentre servizi finanziari e sanità sono crsciuti di oltre il 6 per cento.
C'è, infine, un secondo aspetto - più politico - che merita di essere ricordato. La manovra economica varata dal governo è andata incontro in modo significativo alle richieste avanzate dal mondo industriale: conferma degli incentivi agli investimenti, attenzione alla competitività delle imprese, cautela sul fronte fiscale e una linea improntata alla stabilità dei conti, da sempre invocata dagli stessi industriali. Una manovra prudente ma costruita proprio per non appesantire il sistema produttivo in un contesto complesso. L'economia italiana non ha bisogno di profeti di sventura ma richiede realismo da tutte le parti in causa soprattutto mentre il Paese sta ancora pagando il prezzo degli sprechi accumulati negli anni passati.
Se ogni fase di rallentamento viene attribuita esclusivamente a carenze di politica economica, anche quando il governo recepisce gran parte delle richieste avanzate dalle imprese, diventa difficile distinguere l'analisi economica dalla pressione lobbistica.