Con le dimissioni di Fulvio Conti partono le manovre tra i grandi azionisti per ridisegnare gli equilibri della governance di Tim. Ieri, come previsto, il presidente, su richiesta di Vivendi, primo socio di Tim con il 23,9%, ha infatti lasciato il proprio incarico con effetto immediato.
Le funzioni di presidenza, in base allo statuto, saranno svolte dal consigliere anziano Michele Valensise (membro indipendente proposto da Vivendi), mentre il nuovo presidente sarà nominato nel consiglio che si svolgerà il 21 ottobre. Conti ha dichiarato «di ritenere esaurito il proprio mandato, alla luce della raggiunta stabilità nel funzionamento del board e di un rinnovato impegno nella creazione di valore sostenibile per tutti gli stakeholder della società». Per l'avvicendamento, ha spiegato Tim, sarà necessario più tempo: si seguiranno «le regole di autodisciplina che attribuiscono al comitato per le nomine e la remunerazione la responsabilità di svolgere un'istruttoria per la sostituzione di un amministratore indipendente». Soddisfatta Vivendi, «convinta che le decisioni prese dal cda aiuteranno a continuare il percorso nella giusta direzione verso obiettivi condivisi tra membri del board e azionisti».
Ma in Borsa si scommette che il vero confronto tra i soci di maggioranza - oltre a Vivendi, Cdp che ha circa il 10% e il fondo Elliott con una quota leggermente inferiore a quella della Cassa - cominci ora. L'ad Luigi Gubitosi, infatti, è espressione di Elliott, che l'ha designato, ma anche di Vivendi di cui è riuscito a guadagnare la fiducia. Per questo, secondo più di un osservatore, è probabile che Cdp punti ora ad aver un posto nel board e forse la stessa presidenza. Le voci si erano concentrate sul nome di Franco Bassanini, presidente di Open Fiber, ma la candidatura è poi stata smentita. Il toto nomine per un ingresso nel board ha poi annoverato figure come Massimo Tononi, ora presidente della stessa Cdp e di Innocenzo Cipolletta presidente di Assonime. Ma certo nei prossimi giorni le sorprese non mancheranno.
In questa complicata partita un ruolo importante lo riveste l'operazione in corso per evitare la duplicazione della rete in fibra ottica, ossia la possibile fusione tra le infrastrutture della stessa Tim e di Open Fiber, la società della rete controllata al 50% da Enel e dalla stessa Cdp. Sull'avanzamento delle trattative, indubbiamente complicate, c'è il massimo riserbo imposto dallo stesso Gubitosi. Si sa però che ci sono più ipotesi sul tavolo. Tra queste il merger tra Flash Fiber, ossia la società per la fibra creata da Tim (80%) e Fastweb (20%), con la rete di Open Fiber. Flash Fiber si propone di cablare 29 città italiane entro il 2022.
Un'ipotesi, che era già allo studio, prevedeva l'acquisto carta contro carta da parte di Tim del 50% di Cdp in Open Fiber, e la fusione tra quest'ultima e Flash Fiber, con Tim che avrebbe il controllo dei due terzi della nuova società della rete in fibra. Quanto a Enel, potrebbe monetizzare la sua quota oppure restare. Molto controversa anche la valutazione di Open Fiber: per Enel vale fino a 8 miliardi per Tim non più di 3.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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