Coronavirus, il debito italiano ora è meno "straniero"

Si riduce la quota straniera che scommette sui nostri Btp. Il debito intanto cresce. Ad acquistare i titoli italiani sono rimaste la Bce, assicurazioni e banche

Coronavirus, il debito italiano ora è meno "straniero"

L’emergenza coronavirus fa paura anche alla finanza. Il virus morde e destabilizza i mercati. L’esplosione della spesa pubblica a debito è una delle poche certezze che porta questa stagione di Covid-19. Servono persone che scommettono sul nostro Paese, ma l’andamento del mercato mostra più che altro la fuga dei fondi stranieri, arginata dalla Banca centrale europea. Che nel solo marzo ha comprato 12 miliardi di euro di Btp. Dai palazzi della politica, da Giulio Tremonti ad Antonio Misiani, si moltiplicano le chiamate per varare emissioni di lungo termine che riportino gli italiani sul Btp. Nell’attesa, conviene rivedersi le serie storiche del debito pubblico nazionale. Lo scrive Repubblica.

A fine 2019 imprese e famiglie italiane detenevano un mero 5,8% dei 2.409 miliardi di euro di titoli e prestiti pubblici. Una frazione del 22,4% di fine 2007, prima che troppe crisi le allontanassero dai titoli del Tesoro. Prima lo spread, poi il taglio dei tassi della Bce, con cui Mario Draghi ha salvato l’euro, hanno azzerato il rendimento ai risparmiatori. I programmi di acquisto di titoli partiti nel 2014 hanno moltiplicato i portafogli di Bankitalia ed Eurotower: dal 3,8% del 2007 al 19,5% di dicembre scorso. E la quota è in forte ascesa: uno studio di Unicredit prevede che nell’Eurozona quest’anno saranno emessi fino a 970 miliardi in titoli sovrani contro il Covid- 19. E circa 600 li comprerà la Bce. L’Italia, uno dei Paesi dove gli acquisti Bce non hanno più vincoli, quanto meno rispetterà il rapporto: il mercato stima fino a 350 miliardi di maggiori aste del Tesoro, destinate per oltre 200 tra Roma e Francoforte.

Tra le banche centrali e i risparmiatori stanno gli operatori di mercato. Da una parte gli investitori "non residenti", scesi da un 39% del 2007 al 28,8% 2019. Alla percentuale va tolto oltre un quinto, che rappresenta la parte esterovestita di risparmio gestito italiano basato in Irlanda o Lussemburgo. Si scende sui 500 miliardi effettivi: un 20% circa del totale. Siamo ai minimi dal 1998 e stiamo calando. Una nota di Alpha Genesi sulle posizioni derivate in titoli governativi registra la drammatica e diffusa contrazione dal 20 febbraio, specie su contratti Btp, storicamente sostenuti da una base di investitori che ora esce dal mercato.

Da inizio crisi le posizioni compratrici a termine sul Btp 10 anni si sono dimezzate: - 45%, come e più che i titoli francesi, mentre il Bund tedesco denota maggior tenuta. Sempre Unicredit, fa sapere sempre Repubblica, stima che quasi metà dei detentori esteri di Btp siano hedge fund, fondi pensione e assicurativi e altri gestori, con approccio molto dinamico e che per primi tendono a vendere quando il mercato si gira. Molto rischioso.

Le banche italiane, passate dal 22,4% al 26,5% in 12 anni, anche ora non mollano la presa, con piccoli arrotondamenti qua e là.

Tanto che il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, nel comitato esecutivo Abi del 18 marzo, ne ha lodato il sostegno. Al loro fianco, assicurazioni e altri intermediari italiani, saliti dal 2007 fino a un quasi il 20% del totale.

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