Economia

Per il "Corriere" finisce un'era Sciolto il patto tra grandi soci

Ora il futuro di Rcs si giocherà nella dialettica tra Fiat e Della Valle. Dagli azionisti pieno sostegno al piano industriale di Jovane

Per il "Corriere" finisce un'era Sciolto il patto tra grandi soci

Ottobre 1984, ottobre 2013: si scioglie il patto di sindacato che ha controllato per 29 anni la Rcs e dunque il Corriere della Sera. Il fatto era nell'aria, anticipata dal Giornale quando il 26 settembre il presidente della Fiat, John Elkann, aveva fatto capire che questo sarebbe stato l'esito. Ieri la riunione dei soci ha deciso la fine dello storico accordo, che teneva vincolato al patto parasociale il 60% del capitale, rendendo la società del tutto incontendibile. In estrema sintesi questa era la linea di Diego Della Valle, che dal patto era uscito e che con il suo 8,9% di capitale è il terzo socio di Rcs, dietro a Fiat con il 20,5% e Mediobanca al 14,9. Della Valle si è opposto con forza a nuovi patti, spingendo sulla linea di una gestione che spetta o a chi ha il 51% ovvero, in mancanza, alla libera condivisione tra soci delle linee strategiche necessarie al rilancio di un gruppo in crisi. Per Mr Tod's, in altri termini, era il tempo di liberare Rcs dall'influenza di quelli che gesticono aziende non loro. Diversa era la posizione di Elkann, che forte del suo 20,5% puntava a un nuovo blocco di soci. L'operazione non è andata in porto soprattutto in seguito alla linea assunta da Mediobanca, il cui ad Alberto Nagel ha dato una forte accelerazione verso la rottamazione dei sindacati di blocco. Lo stesso Della Valle dà pubblicamente atto a Nagel di aver svolto questo ruolo decisivo, trovando poi il sostegno di altri soci importanti quali Mario Greco alle Generali e pure di Carlo Cimbri alla guida di Fonsai. Mentre è forse rimasto su posizioni più conservatrici il presidente di Intesa, Gianni Bazoli, non a caso oggetto continuo di attacchi da parte di Della Valle. Ma anche, non va dimenticato, grande ispiratore di quel primo patto di sindacato di 29 anni fa.

La partita che inizia adesso, invece, è tutta da giocare. Bisognerà vedere in che misura gli ex pattisti resteranno o meno azionisti e quale maggioranza si formerà tra loro, soprattutto in vista del prossimo aumento di capitale da 200 milioni. E, ancora, se Elkann e Della Valle siederanno allo stesso tavolo, oppure se il primo - che molti vedono interessato a portare la Stampa insieme al Corriere - formerà un polo di soci a cui il secondo - che questa operazione considera invece «fantascienza» - farà resistenza. Nel frattempo, quello che si capisce dal comunicato di ieri, è la volontà «unanime» dei soci pattisti di proseguire sulla linea dell'attuale management guidato da Pietro Scott Jovane. Per questo si esprime l'importanza «della continuità, stabilità e indipendenza della gestione editoriale e della conduzione della maggior testata». Così i soci hanno convenuto che la società, «in una fase congiunturale difficile e di profonda trasformazione del settore, goda di stabilità e fruisca di un forte sostegno da parte dell'azionariato tutto nel perseguire gli obiettivi del piano industriale e finanziario adottato, nel quale si ribadisce piena fiducia».

Ma il patto non serve più: i partecipanti «hanno condiviso la ferma convinzione che una gestione e una governance efficiente non richiedano più il tipo di collaborazione assicurata dal patto ora in scadenza» che «non verrà ulteriormente rinnovato».

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