I l periodico della Confedilizia ha dato conto di una lettera nella quale un proprietario di una cantina raccontava le difficoltà incontrate per sfrattare l'inquilino moroso, anche per via della presenza di un cane nei locali da sgombrare.
Al riguardo va subito precisato che un rimedio a situazioni del genere non esiste, se non il canile, cioè avviare l'animale nei ricoveri che tutti i Comuni sono tenuti a predisporre. E se il Comune interessato non ha predisposto il canile, è comunque compito dello stesso ente locale provvedervi (ricorrendo a strutture di Comuni confinanti, previ opportuni accordi).
In via preventiva ci si può solo basare, invece, su una soluzione drastica che molti animali e molti loro padroni non meritano: inserire nel contratto di locazione una clausola che proibisca all'inquilino di tenere animali.
Ciò detto, per completezza di esposizione è il caso di dare uno sguardo anche alla questione della detenzione di animali sotto l'aspetto condominiale. Sul punto ciò che rileva, in particolare, è che - secondo la giurisprudenza - il divieto di tenere, nelle unità immobiliari di proprietà esclusiva, i comuni animali domestici può essere contenuto solo in un regolamento di origine contrattuale. Questo perché un regolamento assembleare non può importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto dominicale dei condòmini sulle porzioni immobiliari di loro proprietà (confronta la sentenza della Cassazione 12028 del 4 dicembre 1993 e, più recentemente, la sentenza della Cassazione 3705 del 15 febbraio 2012).
Naturalmente quanto appena detto va integrato con l'osservazione che la detenzione di un animale in un immobile privato, ancorché non sindacabile in sede assembleare dalla maggioranza dei condòmini, non deve comunque recare pregiudizio ai condòmini stessi.
*Presidente Confedilizia
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