Economia

Crisi, Italia maglia nera del G7 fuori dalla recessione nel 2014

Il pil italiano sarà l'unico a calare nel secondo trimestre del 2013. Poi la ripresa. Da inizio 2010 a settembre 2012, complice la crisi e la sfiducia sono diminuiti di 715 miliardi

Crisi, Italia maglia nera del G7 fuori dalla recessione nel 2014

Ancora una volta maglia nera. Ancora una volta fanalino di coda. Secondo e stime contenute nell’Interim sssessment dell’Ocse, il pil dell’Italia registrerà una flessione congiunturale dell’1,6% nel primo trimestre del 2013, per poi calare di un altro 1% nel secondo trimestre. L'Italia registra così il dato peggiore dell’intera area G7, proprio mentre i risparmiatori fuggono a gambe dagli investimenti finanziari. Da inizio 2010 a settembre 2012, complice la crisi e la sfiducia, gli investimenti finanziari sono crollati del 36% a 1.269,9 miliardi. "Gli investimenti in azioni, obbligazioni, Btp e altri titoli - si legge nel bollettino della Consob - sono diminuiti di 715 miliardi".

"Nell’area euro - è l'avvertimento - si sta assistendo a una rinnovata divergenza tra la crescita della Germania, che è attesa in forte ripresa nei primi trimestri del 2013, e quella di altri Paesi, che resterà lenta o negativa". Di sicuro il Belpaese legge con preoccupazione i dati compilati dall'organizzazione parigina. Ma non è l'unico Paese a preoccuparsi. Una contrazione ben più lieve è prevista anche per l’economia francese che, nel primo trimestre scende dello 0,6% mentre dovrebbe tornare a crescere di uno 0,5% nel secondo trimestre. Secondo gli economisti dell'Ocse, le riforme strutturali varate in Paesi come l’Italia, la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo e la Spagna forniscono "una solida base per un recupero di competitività e per un aumento dell’occupazione una volta tornata a salire la domanda". "Se la crescita nell’area euro ha continuato a deludere, il ribilanciamento dell’economia procede spedito", si legge sul report che mette in luce i progressi "considerevoli" fatti per ridurre i deficit di bilancio strutturali. "Nella maggior parte dei paesi membri dell’Eurozona la maggior parte dell’aggiustamento fiscale richiesto dopo la crisi è stato già compiuto", hanno spiegato gli analisti dell'organizzazione di Parigi facendo presente che i costi a breve termine di questi aggiustamenti potrebbero essere ridotti "da una migliore offerta di credito nei paesi debitori e da riforme strutturali che aiutino a riequilibrare l’attività e la domanda nelle economie in avanzo". Per quanto riguarda l’economia italiana l'Ocse ha confermato una crescita generalmente negativa quest’anno, ma si tratta di una recessione che, a detta del vicesegretario generale Pier Carlo Padoan, si sta avviando alla fine con un ritorno alla crescita positiva "fra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo".

Nei primi mesi del 2013 l’attività economica sta dando segnali di recupero in molte grandi economie ma una ripresa significativa in Europa richiederà più tempo, rispetto all’accelerazione attesa negli Stati Uniti e in Giappone. Tra i Paesi del Vecchio Continente va decisamente meglio la Germania che l’Ocse stima in crescita rispettivamente del 2,3% e del 2,6% nei primi due trimestri dell’anno in corso. Brillano gli Stati Uniti, con una crescita prevista del 3,5% nel primo trimestre e del 2% nel secondo, e il Giappone (+3,2% e +2,2%). Una crescita più moderata è prevista per il Regno Unito (+0,5% nel primo trimestre e +1,4% nel secondo) e il Canada (+1,1% nel primo trimestre e +1,9% nel secondo). "La crescita nelle economie emergenti - si legge nel report firmato dall’Ocse - resta in media molto più veloce che nei paesi avanzati, con la Cina che appare destinata a un incremento del pil superiore all’8% nel primo semestre, e saranno proprio loro a trainare la ripresa globale, alla luce del loro aumentato contributo all’attività economica mondiale".

A livello finanziario, il miglioramento del clima sulle principali Borse mondiali non è stato ancora riflesso da un’analoga ripresa dell’economia reale. Nell’Interim assessment l’Ocse ha, quindi, messo in guardia su un possibile scollamento dei prezzi dei titoli dai fondamentali dell’economia.

L’organizzazione di Parigi ha, inoltre, segnalato "un miglioramento degli indicatori di fiducia di imprese e consumatori, che però rimangono deboli nell’Eurozona, con l’eccezione della Germania".

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