Crolla Tim, il debito torna a fare paura

Titoli giù dell'8%: pesano lo stallo sulla rete e i paletti di Vivendi. Oggi l'assemblea

Crolla Tim, il debito torna a fare paura

Pioggia di vendite su Tim nel giorno successivo alla presentazione dei rilanci di Cdp-Macquarie e Kkr per l'acquisizione della rete. Il titolo in Piazza Affari sprofonda dell'8,2% a quota 28 centesimi, con circa 350 milioni di capitalizzazione bruciati in un solo giorno. I valori delle due offerte (19,3 miliardi per Cdp-Macquarie e 19 + 2 di bonus per Kkr) certamente non fanno breccia in Vivendi, che ne chiede 31. Anche per questo la Borsa vede allontanarsi un accordo a breve e avvicinarsi ipotesi più temute, come per esempio un periodo prolungato di stallo. Analisti come Bestinver e Akros hanno sottolineato l'entità modesta dei ritocchi. Secondo Akros, «la probabilità di una vendita diretta della rete non è così alta e altre opzioni potrebbero emergere». Banca Imi pensa anche a un delisting oppure alla cessione di altri asset come Tim Brasil, anche se un'ipotesi in tal senso è già stata smentita. Così come è stata negata dal board la possibilità di un aumento di capitale in caso di mancata cessione della rete. Qualcosa in ogni caso andrà fatta per contenere una situazione del debito che rischia di diventare esplosiva, una zavorra da oltre 25 miliardi che è destinata a farsi sempre più pesante in un'epoca di rialzo dei tassi.

Ora la palla passa dal cda di Tim, che si esprimerà sulle due offerte il 4 maggio. Vivendi, dal canto suo, si aspetta ovviamente che le proposte siano rispedite al mittente. Ma l'esito non è così scontato: la proposta di Cdp, per esempio, avrebbe un impatto sul debito di quasi 17 miliardi, che avvicinerebbe Tim all'obiettivo di abbattere un debito netto monstre da oltre 25 miliardi. Quella di Kkr, invece, incorpora valutazioni più generose di Fibercop (rete secondaria di Tim di cui gli americani possiedono il 37,5%), con impatto sul debito che pare inferiore, ma ha il punto forte nel non avere la spada di Damocle del via libera dell'Antitrust. Aspetto, quest'ultimo, che permetterebbe di arrivare a un'offerta vincolante e alla conclusione dell'operazione in tempi più brevi (qualcuno ipotizza nel giro di sei mesi).

In sintesi: entrambe le offerte hanno la contrarietà dell'azionista di maggiore peso, Vivendi con il 23,7%, ma anche motivi per essere prese in considerazione.

Convitato di pietra il governo Meloni, che ha l'obiettivo di una rete in mani pubbliche. Per il momento, l'esecutivo ha scelto una posizione di attesa e ha di fatto delegato il consiglio d'amministrazione a prendere una decisione. Una posizione ribadita dal sottosegretario con delega all'Innovazione, Alessio Butti: «Dobbiamo aspettare», ha commentato, «c'è un'operazione in corso, faremo delle verifiche e poi vedremo».

Intanto, oggi andrà in scena l'assemblea dei soci di Tim, che si pronuncerà sui conti del 2022 e anche sulla politica di remunerazione del gruppo. Vivendi dal canto suo dovrebbe bocciare la proposta del cda, in un'assemblea che sarà un termometro per misurare il gradimento delle scelte del board.

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