L'affittacamere 2.0, quello telematico e digitalizzato che si interfaccia con un colosso dell'home sharing come la californiana Airbnb, non è più solo un fenomeno sociologico spesso generato dalla crisi. È ormai un volano economico, con cifre di tutte rispetto: nel 2015 la condivisione di un alloggio, o anche di una singola stanza, ha portato 3,4 miliardi di euro (lo 0,22% del Pil) all'economia italiana, dando sostegno a 98.400 posti di lavoro.
Numeri da boom, contenuti in un rapporto realizzato dal gruppo di Los Angeles insieme con Sociometrica, utili anche per disegnare una sorta di identikit degli 82.900 italiani, di cui quasi 20mila solo su Roma e Milano, che si sono intascati in media 2.300 euro a testa all'anno mettendo a disposizione il proprio alloggio per circa 24 notti. A conti fatti, il ricavo complessivo ha sfiorato lo scorso anno i 400 milioni (394 milioni, per l'esattezza), e le risorse incassate sono servite, per lo più, a far quadrare i bilanci familiari. Il reddito degli affittacamere tricolori è infatti inferiore a quello medio pro capite in Italia (22.200 euro). L'indagine ha inoltre calcolato i benefici indotti dall'house sharing attraverso i 2,13 miliardi spesi presso le attività commerciali locali (impatto netto). Ma vi è anche un beneficio per il sistema turistico: l'esperienza presso gli host italiani ha attirato nuovi visitatori, che si sono fermati più a lungo (3,6 notti di media), hanno speso di più e si sono dichiarati più propensi a tornare (76%).
Insomma, un generatore di ricchezza che presta però, da sempre, il fianco alle accuse di essere anche uno strumento che alimenta l'evasione, con circa 100 milioni sottratti al fisco, ai quali vanno sommati i 57 milioni di tasse di soggiorno non versate. Il governo è al lavoro per mettere a punto «regole trasparenti, chiare e uniformi» per il settore dell'home sharing, ha spiegato ieri il ministro dei Beni, delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini. Da rivedere, inoltre, la tassa di soggiorno, con un sistema che preveda il suo saldo contestualmente al conto della camera e non separatamente in un secondo momento.
Come evitare, inoltre, che le entrate dalla condivisione immobiliare vengano omesse dalla dichiarazione dei redditi? «La soluzione prospettata nel disegno di legge sulla sharing economy - ha spiegato Roberto Tascini, presidente dell'Adoc - potrebbe essere un buon compromesso, prevedendo che ai redditi fino a 10mila euro si applichi un'imposta pari al 10% mentre i redditi superiori a 10mila euro verrebbero cumulati con i redditi da lavoro dipendente o da lavoro autonomo, applicandovi l'aliquota corrispondente»- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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