Dazi, tra Usa e Cina trattative in salita

La delegazione di Pechino minaccia l'abbandono. E così Trump riapre a Huawei

Dazi, tra Usa e Cina trattative in salita

«Grande giornata di negoziati con la Cina. Vogliono fare un affare, ma io? Domani (oggi per chi legge, ndr) incontro col Vice Premier cinese alla Casa Bianca». Nel giorno della ripresa dei negoziati commerciali fra Stati Uniti e Cina, ieri a Washington, il tweet diffuso da Donald Trump nel primo pomeriggio non era del tutto rassicurante sull'esito dei colloqui. Quel «ma io?» suona infatti un po' minaccioso. Eppure, i mercati hanno tirato un sospiro di sollievo. Quasi uno scampato pericolo dopo che, per ore, in un caotico avvicendarsi di notizie contraddittorie, si era temuto che la delegazione del Dragone abbandonasse il tavolo. Valigie richiuse in fretta e furia, imbarco immediato con destinazione Pechino, cancellato il secondo giorno d'incontri previsto appunto per oggi. Un fallimento, prospettato dal South China Morning, generato dal rifiuto asiatico di mettere sul piatto delle trattative anche il delicato dossier sul trasferimento forzato di tecnologie. Vista la piega discendente assunta subito dai future di Wall Street, la Casa Bianca è stata quindi costretta a scendere in campo per precisare di non «essere a conoscenza di un cambiamento dei piani di viaggio del vicepremier Liu He». Passa qualche minuto, ed ecco scendere in campo la Cnbc: secondo una fonte vicina ai negoziatori, la questione di un rientro anticipato della delegazione «resta aperta», ma non si esclude che nella capitale Usa possa restare il viceministro del Commercio, Liao Min. Vanno, restano: un po' come le nuvole di De André. Volubili quanto l'umore di The Donald. Rilancia Bloomberg: in cambio di un patto valutario, il presidente è pronto a fermare l'ultima ondata di dazi da 250 miliardi di dollari destinata ad abbattersi sulla Cina il prossimo 15 ottobre. Poi tocca al New York Times spiattellare il suo scoop: l'America non esclude di permettere alle Corporation Usa di tornare a fare affari con Huawei, bannata lo scorso maggioper motivi di sicurezza nazionale.

Ci voleva il cinguettio di The Donald per mettere il punto su un aspetto cruciale e riportare i mercati sul giusto binario, con la Borsa di New York in rialzo dello 0,6% a un'ora dalla chiusura e l'Europa in scia (+1% Milano). Anche perché l'intervento del tycoon è stato poi corroborato dalle dichiarazioni distensive di Liu: «La delegazione cinese è disposta a fare seri scambi con gli Stati Uniti su questioni di interesse comune come la bilancia commerciale, l'accesso al mercato, la protezione degli investitori e a promuovere progressi positivi nelle consultazioni».

Eppure, gli analisti restano scettici sulla possibilità di un big deal. Le distanze su questioni cruciali (a cominciare dalla proprietà intellettuale) restano ampie. È ancora fresca la decisione presa lunedì da Trump di inserire in una lista nera 28 società cinesi, per lo più operanti nel campo dell'intelligenza artificiale. Alla fine, è possibile che i rivali sottoscrivano un'intesa di facciata.

Forse così articolata: sospese le imminenti tariffe punitive Usa, magari a tempo indeterminato, in cambio di maggiori acquisti di beni agricoli americani (si parla di 10 miliardi l'anno) da parte cinese. Quest'ultimo non è un dettaglio di poco conto: Trump, per farsi rieleggere, deve recuperare consensi in quell'America rurale che gli sta voltando le spalle dopo essere stata colpita al cuore dalla trade war.

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